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Gli USA inseriscono il Giappone in watchlist, fomentando gli SHORT su JPY. Ma c’è un fraintendimento che…

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Gli Stati Uniti hanno aggiunto nella giornata di ieri anche il Giappone alla lista dei paesi sotto osservazione per questioni concernenti eventuali manipolazioni della valuta. La notizia, che in realtà non è un granché, sembrerebbe però aver dato nuovo gas agli short, con lo yen giapponese che si sta avvicinando a grandi falcate a quella che è stata, soltanto qualche settimana fa, la soglia che ha innescato l’intervento diretto a mercato del Ministero delle Finanze. Un intervento a mercato che ha però sortito degli effetti di breve periodo senza poter cambiare un trend che su JPY continua a essere ribassista.

Pesano i fondamentali, pesano anche le incertezze dei vertici della banca centrale e peserebbero – ma questa è opinione di una certa popolarità soltanto in Giappone, non meglio precisati speculatori che sarebbero responsabili della grande volatilità di JPY contro le principali divise. Prima di posizionarsi però sarà utile cercare di capire cosa c’è effettivamente dietro l’avviso degli USA e in che modo potrebbe influenzare le decisioni prossime delle autorità giapponesi a tutela dello yen.

Ancora pericolose difficoltà per lo yen

La mala informazione fa più danni degli speculatori, almeno in Giappone

Quando in Italia era il pomeriggio di giovedì 20 giugno è arrivata la notizia dell’inserimento, da parte degli Stati Uniti, del Giappone nella watchlist, la lista di osservati speciali per le operazioni sul mercato del Forex. La notizia, letta in breve, porta però ad una comprensione completamente sbagliata della situazione.

Tale lista infatti si basa su diversi criteri: da eventuali avanzi in termini di bilancia commerciale fino appunto a operazioni sulla propria divisa, ma in senso contrario a quanto vorrebbe fare il Giappone. In parole ancora più povere: la lista degli USA esiste per individuare quei paesi che tramite pratiche di svalutazione competitiva finiscono per avere dei vantaggi ritenuti innaturali e ingiusti in termini commerciali verso gli USA.

Quello che invece il Giappone vorrebbe fare – e che potrebbe tornare a fare nelle prossime ore o nei prossimi giorni – è in verità il contrario: intervenire a mercato per tutelare il valore dello yen, per rinforzarlo, per evitare che superi di nuovo soglie ritenute di forte allarme tanto dalle autorità politiche tanto da quelle finanziarie.

Tutto questo comunque in un clima generale di confusione, con Janet Yellen del Tesoro USA che più volte ha lasciato intendere di non essere granché contenta di ministeri e banche centrali che intervengono sui mercati, che sarebbero capacissimi di attribuire il valore corretto alle diverse valute.

I dati macro che arrivano da Washington ancora padroni della situazione

L’intervento diretto sul mercato non è comunque da escludersi

L’inclusione nella watchlist non comporta per ora nulla, dato che appunto il Giappone vorrebbe intervenire in senso contrario. E tra i principali analisti sono in realtà in pochi a pensare che la possibilità di intervento diretto sia effettivamente preclusa alle autorità giapponesi. Quel che resta ora da capire è quale sarà la soglia che innescherà in modo quasi automatico un intervento da parte del Ministero delle Finanze.

Di denaro da bruciare ce n’è tanto, così come ci sono importanti riserve appunto in titoli di stato USA che possono essere scaricati alla bisogna. Sul fatto che sia saggio farlo o che siano duraturi gli effetti che si potrebbero produrre, c’è più di qualcuno che nutre dei dubbi fondati.

Il precedente intervento ha avuto un respiro assai breve e non sembra che abbia contribuito in alcun modo a spaventare gli speculatori, che per Tokyo rimangono i responsabili principali delle cattive acque all’interno delle quali si muove appunto lo yen. Avvisati, di nuovo: vedremo se questa volta chiuderanno le loro posizioni prima che l’intervento si verifichi e causi sconquasso di breve su JPY, che rimane la valuta da osservare con più attenzione in questa fase di mercato.

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