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Gli USA temono nuovo shutdown. Lotta intestina tra Repubblicani
Gli occhi degli investitori sono puntati sulla prossima scadenza fondamentale per il governo federale degli Stati Uniti. Entro il prossimo 15 novembre si dovrà infatti trovare un nuovo accordo per scongiurare un eventuale shutdown. La situazione però, per quanto manchino ancora 6 settimane, si è complicata con la rimozione di Kevin McCarthy come speaker della House of Representatives. È il culmine di uno scontro politico all’interno del Partito Repubblicano che rinforzerà, almeno secondo i più attenti analisti della politica USA, la frangia più radicale del partito, che sarà così sempre meno propensa a trovare un accordo per le vie brevi.
Le circostanze spaventano tanto i mercati quanto invece Federal Reserve, con un eventuale shutdown che dovrà essere preso in considerazione per le prossime decisioni di politica monetaria, dato l’impatto che potrebbe avere sulla crescita USA. Una situazione complessa – che è bene analizzare per tutti coloro i quali sono già impegnati sui mercati o stanno pensando di modificare strategie e posizioni.
Il caso McCarthy tiene sulle spine i mercati
È la prima volta che si verifica: lo speaker della House of Representatives si è trovato coinvolto in una lotta intestina che ha visto quelli che vengono chiamati gli hardliners del partito repubblicano ribellarsi al compromesso ottenuto con i democratici per il rinvio dello shutdown. Con 216 voti contro 210, McCarthy è stato costretto a abbandonare il suo scranno, confermando al tempo stesso che non cercherà la rielezione. Si tornerà a votare la prossima settimana, a partire dall’11 ottobre, con la carica di speaker che sarà affidata pro tempore a Patrick McHenry, già a capo della Commissione Servizi Finanziari.
La rimozione di McCarthy è segnale di un problema profondo per il Partito Repubblicano – che ha portato secondo Bloomberg a risultati elettorali inferiori alle aspettative per le ultime tornate elettorali. Uno scontro non nuovo che da un lato vede la parte i cosiddetti repubblicani moderati e dall’altra la frangia di fedelissimi di Donald Trump. Quel che interessa ai mercati è che il prossimo accordo dovrà essere a tre – con maggiori difficoltà, almeno al momento, rispetto alla situazione che si era verificata (e risolta) durante l’ultimo accordo di fine settembre. Ma cosa interessa ai mercati?
Una decisione storica, che comprime la libertà di azione del prossimo speaker
Se c’è qualcosa che emergerà da questa incredibile vicenda, questa è certamente l’ulteriore pressione con la quale dovrà fare i conti il prossimo speaker. Farsi rimuovere dallo scranno non è qualcosa di politicamente sostenibile per nessuna delle figure che sono state ventilate come possibili prossime speaker. E per questo con ogni probabilità si dovrà trovare un accordo anche con la frangia che meno piace alla maggioranza bipartisan che è arrivata all’accordo per evitare lo shutdown.
Questo si tradurrà, a meno di accordi importanti su altre questioni da qui allo shutdown di metà novembre, in una difficoltà aumentata nel trovare l’accordo e – ancora una volta con i dati che abbiamo adesso – in minori possibilità di trovarlo. Una situazione che piace poco ai mercati, che ritengono a buon diritto che uno shutdown finirebbe per aggiungere pressione a una situazione economica già non eccellente.
Dall’altro canto però – evoluzioni di questo tipo potrebbero anche riportare in auge certi sentimenti dovish all’interno di Federal Reserve, che tramite i suoi esponenti di rilievo ha già mandato a dire che non è detto che i tassi siano aumentati necessariamente durante la prossima riunione del FOMC. Una situazione complessa, di difficile lettura, e che indica almeno per gli investitori di medio e lungo periodo la necessità di prudenza. La situazione, anche negli USA che stanno mostrando una certa resilienza, è tutto fuorché fuori dalle acque più agitate.