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Green economy: investitori ambientalisti aspettano elezioni di Parigi e Washington

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Il destino degli investimenti green in Europa è passato e passerà anche oggi dalle urne. Dopo la vittoria del laburisti nel Regno Unito, che sul tema sembrerebbero avere un programma piuttosto audace, gli occhi degli investitori in ESG e dintorni saranno oggi puntati verso Parigi, dove il Rassemblement National, quello che era il vecchio Fronte Nazionale di Le Pen, promette invece un approccio certamente più modesto e misurato alla questione in caso di vittoria.

La questione è importante al punto tale da aver occupato le prime pagine di tutti o quasi i giornali che si occupano di finanza e di economia. Il contesto generale è d’altronde già incerto: il 2024 verrà ricordato come l’anno della chiusura di diversi fondi e veicoli di investimento a tema ESG e anche tra i grandi gestori come BlackRock il tema sembrerebbe essere molto meno cool di qualche mese fa. Per i più cinici è il segnale anche della possibilità, già parzialmente scontata dai mercati, che sarà Donald Trump a occupare di nuovo lo scranno più alto della politica USA, per un altro politico dall’approccio tiepido, per non dire freddo, alla questione.

Parigi, Washington e Londra: passa da qui il futuro del green nel mondo

Che gli investimenti ESG siano in larga parte una questione politica non è esattamente una sorpresa. Nonostante la popolarità di certi veicoli e di certi investimenti sia arrivata anche dal gestore di fondi con a capo Larry Fink – e dunque a cascata da tutti gli altri – la spinta dei parlamenti e dei governi è sempre stata considerata – correttamente – decisiva. Gli ultimi risultati elettorali di una certa rilevanza globale mandano però segnali incerti.

Se è vero che a Londra è uscito vincitore un partito laburista particolarmente attento alla questione, è altrettanto vero che a Parigi si è su posizioni potenzialmente speculari.

Nel manifesto elettorale di Starmer clima, energie rinnovabili e più in generale tutto il mondo ESG è al centro e sembrerebbe indicare la volontà di tornare ai vecchi fasti in termini di decarbonizzazione, sulla quale comunque il Regno Unito è in relativo vantaggio rispetto a molte delle principali economie sviluppate.

Una sorta di inversione a U anche rispetto ai più recenti (e ultimi) provvedimenti del governo guidato allora da Rishi Sunak, tra rinvii dello stop alle auto con motore a combustione e le contestate operazioni petrolifere nel Mare del Nord.

La partita a Londra sembrerebbe essere dunque ormai chiusa, con una spinta che potrebbe favorire tutte le società del comparto green in una delle piazze più importanti del mondo.

Parigi contro

Domenica 7 giugno si voterà per il secondo turno delle elezioni nazionali in Francia, con lo schieramento di Le Pen, RN, che invece approccia la questione in modo diametralmente opposto, capitalizzando lo scontento per politiche green e di riduzione delle emissioni che non sempre, in Europa, hanno incontrato il favore dell’elettorato e che evidentemente da una parte rilevante della popolazione vengono ritenute eccessive. Sarà dunque un voto importante anche per chi guarda a questo settore dal punto di vista degli investimenti.

Passi indietro? Passi avanti? Difficile da valutare non solo prima del voto, ma anche dopo, con il sentiment generale che sembrerebbe essere comunque in peggioramento a livello globale, soprattutto in quelle economie che fino ad oggi avevano provato a fare di più in questo senso. Sarà uno dei temi più interessanti in contesto finanziario, con gli ultimi risultati elettorali – e con quelli di novembre negli USA – che potranno chiarire il trend per gli investimenti nella green economy dei prossimi anni.

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