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Idrogeno, il CEO di EDP incolpa l’UE: troppa burocrazia

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A Davos continuano le conversazione del World Economic Forum. Come prevedibile, quest’anno si parla ancora una volta molto di sostenibilità. Un tema su cui l’Unione Europea vorrebbe accelerare, come dimostra il fatto che sia in fase di valutazione un piano per abbattere del 90% le emissioni di CO2 entro il 2040. Secondo Miguel Stilwell d’Andrade, il CEO di Energias de Portugal (EDP), il problema è che soprattutto in alcuni contesti rimangono dei processi burocratici che impediscono alle imprese di procedere con i loro piani. L’intervento di d’Andrade ha riguardato soprattutto il tema dell’idrogeno verde, il combustibile con cui a lungo termine l’UE vorrebbe sostituire il gas naturale.

EDP è la più grande impresa di utilities in Portogallo, di fatto occupando una posizione molto simile a quella di Enel in Italia. Ma la società ha operazioni in tutto il mondo, arrivando a toccare i €15 miliardi di fatturato e €42 miliardi in asset in portafoglio. Non dunque una voce di secondo piano, ma una delle realtà europee più esposte al tema della transizione energetica. Ed è significativo che il CEO abbia deciso di lamentarsi della situazione proprio al World Economic Forum, dove ha comparato la situazione europea con il sistema notevolmente più efficiente che viene applicato negli Stati Uniti.

L’UE fatica a trovare un quadro semplice e chiaro per gestire gli incentivi sull’idrogeno verde

“Una stanza piena di fogli”

Secondo il CEO di EDP, la quantità di incentivi che l’Unione Europea mette a disposizione delle imprese sarebbe sufficiente a garantire un rapido sviluppo di tutte le forme di energia rinnovabile. Il problema sarebbe invece l’applicazione degli incentivi, che si scontrerebbe contro un muro fatto di burocrazia. Il vertice della società portoghese ha portato un parallelismo molto semplice: negli USA, per ogni chilo di idrogeno verde prodotto si ricevono 3$ in incentivi fiscali. In Europa non c’è una regola fissa, e per ottenere qualunque forma di incentivi sarebbe necessario “presentare una stanza piena di fogli”. I toni non sono stati leggeri, soprattutto per un evento solitamente molto formale come quello di Davos.

Teoricamente l’Unione Europea ha già fatto dei passi in avanti negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda l’eolico e il fotovoltaico, concedendo molto più velocemente alle società che vogliono aprire nuove centrali a energia rinnovabile i permessi di costruzione. Quando si toccano gli incentivi economici legati all’idrogeno verde, però, la situazione cambia. L’Unione Europea vorrebbe arrivare a produrre 10 milioni di tonnellate di questo gas entro il 2030 e importarne altre 10 milioni di tonnellate, ma la produzione attuale è di appena 300.000 chili all’anno.

Sempre di più si guarda al modello dell’Inflation Reduction Act come un sistema da ripetere in Europa

Nessun cambiamento dalle ultime accuse

Chi segue da vicino il mercato dell’idrogeno verde potrebbe ricordare che il CEO di EDP aveva già additato l’UE a luglio dello scorso anno, sempre per la stessa questione. In quell’occasione, Miguel Stilwell d’Andrade aveva dichiarato che in mezzo a un clima di burocrazia e incertezza regolamentare, gli obiettivi europei per il 2030 starebbero “mancando di realismo“. Il Portogallo ha già iniziato da molti anni a lavorare per cercare di trasformarsi in un player importante a livello europeo, anche grazie alla geografia favorevole per l’energia eolica e fotovoltaica, ma sembra che il dialogo tra società locali e fondi europei sia complicato. Per questo molte società europee stanno anche andando a investire di più all’estero, soprattutto negli USA, dove gli incentivi sono definiti in maniera più chiara e sono più facilmente ottenibili.

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