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Il Brasile sfida il dominio cinese nelle terre rare: è il terzo paese al mondo per riserve dimostrate
Il Brasile è pronto a sfidare il dominio cinese nel settore delle terre rare. A dichiararlo sono i manager delle imprese minerarie più grandi del paese, riunite in un importante evento del comparto minerario a Sidney. Attualmente oltre il 60% dei depositi di terre rare produttivi nel mondo si trovano in Cina, il paese con le riserve più grandi accertate fino a questo momento. I depositi, però, sono tanti anche in Brasile: si tratta del terzo paese per quantità di terre rare disponibili nel sottosuolo ed è soltanto questione di aumentare gli investimenti in miniere per poter sfruttare questo potenziale economico. Dopo la scoperta di un enorme giacimento in Norvegia, che dovrebbe permettere al paese di rifornire le imprese europee già nell’arco di due o tre anni, arriva un altro duro colpo al dominio cinese.
Le terre rare sono elementi poco presenti nel sottosuolo terrestre, ma estremamente preziosi. Vengono utilizzati su larga scala nella produzione di magneti per l’elettronica, nelle batterie al litio, nei pannelli fotovoltaici e negli smartphone. Gran parte della rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni non sarebbe stata possibile senza questi elementi, di cui la Cina ha già compreso da tempo l’importanza. Ora che i rapporti commerciali tra Cina e Occidente si sono fatti più complicati, tra dazi e restrizioni alle esportazioni, paesi geopoliticamente neutrali come il Brasile vedono la possibilità di ottenere una linea preferenziale con i compratori statunitensi ed europei.
Un altro grande player nelle terre rare
Il Brasile sembra avere tutte le carte in regola per trasformarsi in uno dei più grandi esportatori di terre rare al mondo. Tanto per cominciare è un paese con un basso costo del lavoro e alimentato per oltre il 90% da energia rinnovabile, cosa che permette di contenere l’impatto ambientale dell’estrazione mineraria. Inoltre è proprio il primo paese dell’America Latina ad aver annunciato piani per la costruzione di un grande impianto dedicato alla produzione di magneti specializzati, per i quali le terre rare sono fondamentali. Oltre a esportare la materia prima, il paese potrebbe presto iniziare a processarla e a esportare prodotti finiti o semilavorati.
Questo è un punto di svolta per il dominio cinese del mercato: in una settimana sono arrivate due notizie che pesano come macigni sulle prospettive future della supply chain. Per il momento, però, il Brasile è appena all’inizio della sua avventura nel mondo delle terre rare. Il primo progetto minerario a iniziare la produzione è quello di Serra Verde, che dovrebbe essere pronto ad avviare le sue operazioni entro la fine di quest’anno. Rimangono però decine di grandi depositi non ancora sfruttati, tra difficoltà logistiche e limiti all’impatto ambientale che le miniere possono causare in Amazzonia.
Si guarda al lungo termine
Attualmente la Cina produce 240.000 tonnellate all’anno di terre rare, processando oltre il 90% della produzione mondiale di magneti specializzati. Gli Stati Uniti, che si collocano al secondo posto, producono cinque volte meno rispetto ai livelli cinesi. Il progetto di Serra Verde in Brasile produrrà appena 5.000 tonnellate all’anno di terre rare, ma non è questo che realmente importa: il discorso è legato al lungo termine, con il Brasile che potrebbe aumentare del 1.000% la propria produzione entro il corso del prossimo decennio. I progetti minerari possibili possono essere sviluppati in parallelo, anche offrendo concessioni a imprese straniere, per accelerare gli investimenti e assicurare un rapido aumento della produzione. Con la Norvegia che bussa alla porta, la leadership cinese non sarà discussa per i prossimi 3-5 anni ma inizierà rapidamente a evaporare sul lungo termine.