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Il dollaro chiude in positivo dopo il discorso di Powell
Nella giornata conclusiva della settimana, il dollaro statunitense ha consolidato la sua posizione, con una performance settimanale positiva. Questo andamento è stato influenzato dalle osservazioni del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, il quale ha sottolineato la potenziale necessità di ulteriori incrementi dei tassi di interesse al fine di gestire l’inflazione.
Tuttavia, Powell ha altresì rassicurato che qualsiasi decisione in tal senso verrà adottata con cautela durante le prossime riunioni istituzionali.
In occasione di un intervento al summit economico tenutosi a Jackson Hole, Wyoming, Powell ha enfatizzato che i responsabili delle politiche monetarie procederanno attentamente nell’analizzare la possibilità di ulteriori restrizioni. Ha inoltre precisato che la banca centrale non ha ancora tratto la conclusione che il tasso di interesse di riferimento sia già sufficientemente elevato da garantire un ritorno stabile dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%.
In totale, nell’arco della settimana, l’indice del dollaro ha registrato un aumento dello 0,6% e sembra dirigere verso la sesta settimana consecutiva di apprezzamento. Tale trend è stato favorito dall’evidenza della resilienza dell’economia statunitense, una circostanza che contribuisce a rafforzare l’ipotesi che i tassi di interesse possano restare più alti per un periodo di tempo prolungato.
Il rischio di un’inflazione persistente
L’inflazione negli Stati Uniti, calcolata mediante l’indice dei prezzi al consumo, è stata del 3,2% a luglio. Questo rappresenta un notevole calo rispetto al picco precedente del 9,1%, ma rimane superiore al tasso del 3% registrato a giugno.
Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, ha dichiarato che attualmente la Banca Centrale sta monitorando non solo il rischio di adottare una politica monetaria restrittiva in modo insufficiente, il che potrebbe causare un‘incidenza persistente dell’inflazione, ma anche il pericolo di innalzare i tassi d’interesse troppo rapidamente. Powell ha sottolineato che un’eccessiva prudenza potrebbe arrecare danni evitabili all’economia.
In risposta alle osservazioni di Powell, il rendimento dei titoli di Stato a due anni, che è particolarmente sensibile alle aspettative di variazioni dei tassi d’interesse, è aumentato dello 0,05%, raggiungendo il 5,07%. Nel frattempo, il rendimento del titolo di Stato USA a dieci anni, che funge da parametro di riferimento, è cresciuto dello 0,01%, stabilendosi al 4,25%.
Nei mercati azionari si sono verificate oscillazioni tra modesti guadagni e perdite. L’indice azionario S&P 500 è salito dello 0,3% poco dopo metà giornata, mentre il Nasdaq Composite ha registrato anch’esso un incremento dello 0,3%.
La prospettiva favorisce il dollaro
L’attuale situazione sembra favorire il dollaro, almeno per le prossime settimane e forse fino alla fine dell’anno. Attualmente, i mercati dei tassi negli Stati Uniti non sembrano aver pienamente scontato la possibilità di ulteriori incrementi, rendendo probabile che un aumento di un quarto di punto possa dare una spinta al dollaro.
Anche nel caso in cui la Federal Reserve decidesse di non alzare nuovamente i tassi, sembra che non ci sia alcuna fretta nell’abbassarli. Naturalmente, questa posizione potrebbe mutare se i dati economici dovessero deteriorarsi in modo repentino. Tuttavia, al momento le curve dei tassi dell’eurozona e del Regno Unito sembrano essere più sensibili a possibili scenari di crescita negativa rispetto a quella degli Stati Uniti.
Attualmente, i mercati monetari stanno prevedendo un aumento di quasi un quarto di punto da parte della Banca Centrale Europea entro la fine dell’anno e un incremento di 65 punti base da parte della Banca d’Inghilterra entro maggio dell’anno prossimo. Tuttavia, alla luce degli ultimi rapporti sugli indici PMI, queste valutazioni potrebbero essere troppo ottimistiche: l‘attività economica nell’eurozona e nel Regno Unito sembra contrarsi in modo rapido.
Intanto in Cina, a causa della deflazione, delle sfide nel settore immobiliare e di una crisi economica in crescita, la Banca Popolare Cinese è costretta ad abbassare riluttantemente i tassi e ad adottare politiche monetarie più accomodanti. Questo inevitabilmente amplia la differenza dei rendimenti tra Stati Uniti e Cina, attualmente ai massimi dal 2007 quando si considerano i rendimenti decennali, e è improbabile che questa differenza diminuisca significativamente nelle prossime settimane.