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Il fotovoltaico può sostituire 800 centrali a carbone nel mondo, con rientro dell’investimento entro il 2030

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Secondo un interessante studio condotto dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA), nel mondo ci sono 800 centrali a carbone talmente inefficienti che il fotovoltaico potrebbe sostituirle con un rientro totale dell’investimento entro la fine del decennio. Ormai sono lontani i tempi in cui investire sulla transizione energetica significava accettare costi più alti in nome della sostenibilità: produrre energia rinnovabile, soprattutto con il fotovoltaico, costa meno di utilizzare i combustibili fossili e permette di ottenere investimenti molto redditizi a lungo termine. Persino il nucleare, una forma di energia considerata molto a basso costo dopo l’investimento iniziale, fatica a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica dei pannelli fotovoltaici.

Purtroppo, però, i progressi sono lenti: molte delle 800 centrali identificate dalla IEEFA si trovano in paesi emergenti, dove mancano i fondi necessari per gli investimenti. Anche per questo gli enti sovranazionali, come il FMI e la Banca Mondiale, giocano un ruolo fondamentale nello spostare i fondi verso le iniziative che possono portare al maggior ritorno sugli investimenti. In questo momento, meno del 10% delle centrali identificate hanno in programma di chiudere entro la fine di questo decennio. Si tratta soprattutto di quelle ancora operative presso i paesi del G7, che con l’accordo firmato a Torino si sono impegnati a transitare più velocemente verso la fine dell’epoca del carbone.

Con l’aumento dell’efficienza dei pannelli, questa differenza sarà sempre più marcata

Non una sfida semplice

Sarebbe logico pensare che, di fronte a un numero così alto di centrali che potrebbero venire rimpiazzate con profitto in tempi così brevi, ci sia un grande interesse a sostituire il carbone con il solare. Il problema evidenziato da Paul Jacobson, uno degli autori dello studio, è che l’accesso ai fondi è molto complicato in alcune aree del mondo. Ottenere finanziamenti a livello internazionale, anche per investimenti produttivi e molto sensati come questo, non è facile. Per intavolare dialoghi con il FMI e la World Bank, in molti casi, sono necessari mesi o anni di negoziazioni. Tutto questo sta costando al mondo 15,5 miliardi di tonnellate di CO2 inutilmente immessa nell’atmosfera ogni anno, alzando i prezzi per le bollette delle persone che si riforniscono dell’energia prodotta dal carbone.

In questo momento, nel mondo rimangono ancora 2.000 GW di capacità installata per la produzione di energia a partire dal carbone. La cifra continua a calare di anno in anno, ma la crescita esponenziale di economie emergenti come quella cinese rende difficile per le rinnovabili tenere il passo. Malgrado la gran parte del nuovo fabbisogno energetico annuale continui a essere coperto da solare ed eolico, c’è una base di bacino di utenza del carbone nel mondo che è ancora molto difficile da spostare. Detto questo, a livello economico ormai è evidente che la transizione verso le rinnovabili sia la scelta più conveniente.

Cina e India sono i due paesi che producono più inquinamento dalle centrali a carbone

600 progetti veloci da iniziare

Lo studio rivela che oltre i tre quarti delle centrali a carbone che potrebbero essere dismesse con profitto entro il 2030 sono state costruite oltre trent’anni fa e non sono più legate a contratti di lungo termine per l’acquisto di energia. Almeno 600 centrali sono nella condizione di poter essere dismesse senza andare a creare un impatto negativo per l’economia e, dopo la pubblicazione di questo studio, è probabile che le banche di sviluppo e i grandi finanziatori internazionali vedano un’opportunità. Persino il settore privato potrebbe avere interesse a intervenire nella direzione del cambiamento, considerando che il ritorno sull’investimento sarebbe pressoché garantito.

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