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Il gas chiude il trimestre con rialzi del 50%, si teme per l’offerta durante la stagione degli uragani
Il secondo trimestre dell’anno giunge ormai alla fine e il mercato del gas naturale è stato uno dei protagonisti sul mercato delle materie prime. La quotazione del gas naturale è aumentato del 50% nel corso degli ultimi tre mesi, ed è soprattutto nelle ultime settimane che i prezzi hanno preso slancio nell’andare a rialzo. Tra i vari fattori che stanno influenzando le attese sull’andamento del mercato c’è il fatto che la stagione degli uragani negli Stati Uniti si preannuncia particolarmente intensa. Già con mesi di anticipo rispetto al periodo annuale che solitamente viene più battuto da questi fenomeni, sta arrivando l’uragano “Beryl” che teoricamente avrebbe dovuto limitarsi a essere una semplice tempesta tropicale.
Con l’avanzare del cambiamento climatico, la stagione degli uragani che coinvolge la Costa del Golfo e la regione dei Caraibi tra luglio e novembre sta diventando via via più lunga e più intensa. Questa regione del mondo è fondamentale per l’export di gas naturale e di petrolio a livello mondiale, per cui quello che succede in questa parte del mondo finisce per riflettersi su tutto il mondo. Il fatto che già a fine giugno stiano arrivando delle perturbazioni in grado di qualificarsi come uragani non lascia ben sperare per ciò che potrebbe avvenire nel corso dei prossimi mesi, a prescindere da tutti i problemi che ben si conoscono riguardo alle forniture russe e a come sostituirle.
Prende il via la stagione degli uragani
La stagione degli uragani, per definizione della NOAA, è un periodo che va dal 1 giugno al 30 novembre ma che solitamente vede il suo picco tra agosto e settembre. Questi fenomeni si formano nel bacino dell’Atlantico e colpiscono prima i Caraibi, poi il sud-est degli USA. In questa regione, soprattutto al largo della Louisiana, si concentra la produzione di gas naturale e di petrolio di tutti gli Stati americani e viene raccolta per essere esportata verso i mercati di destinazione. Inoltre è una regione fondamentale per l’export messicano, sia di gas che di petrolio, che non è assolutamente da sottovalutare.
La regione del Golfo del Messico è anche estremamente ricca di piattaforme offshore per la produzione di petrolio. Lo scorso anno, quando la regione è stata colpita dall’uragano Hilary, le piattaforme hanno dovuto rimanere ferme per settimane e i risultati sono stati pesanti per il mercato del petrolio. Per il mercato del gas naturale liquefatto, dal momento che quasi tutti i centri di liquefazione statunitensi si concentrano in questa regione, il problema è ancora più sentito. Lo scorso anno ci sono stati 20 uragani in quest’area, di cui uno solo è arrivato a toccare il territorio statunitensi -ma è stato sufficiente a causare danni per miliardi di dollari.
Effetti rilevanti anche in Europa
La Costa del Golfo è in grado di esportare 36 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto al giorno, ed è ormai da oltre due anni che il principali fornitore europeo di GNL sono proprio gli Stati Uniti. Questa è anche la stagione dell’anno in cui si pensa all’accumulo delle scorte, con l’obiettivo di arrivare ad avere le riserve piene prima che l’inverno apra la stagione dei consumi. Inoltre la regione è in grado di raffinare 5,5 milioni di barili di petrolio al giorno, diretti soprattutto verso i mercati esteri che continuano a soffrire la decisione dell’OPEC+ di tagliare i livelli di produzione. Una stagione degli uragani più intensa rispetto al solito, con i danni e le interruzioni che ciò porta per la filiera dei combustibili fossili, potrebbe pesare in un momento di accumulo delle riserve. Gli uragani statunitensi finiscono per pesare anche sulle quotazioni europee di gas e petrolio.