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Il sogno di Xi Jinping per battere il dollaro USA. Il programma del Partito a sostegno dello yuan
Quella di uno yuan forte e protagonista sui mercati internazionali non è più soltanto una fantasia della stampa antagonista. A parlare questa volta è Tao Ling, vice-governatrice della banca centrale cinese, che a microfoni aperti ha raccontato di quello che sarebbe il pallino di Xi Jinping: avere una valuta forte, riconosciuta, che sia scambiata sulle piazze internazionali e per il commercio almeno in proporzione al prodotto interno lordo cinese e al suo importante import/export. Un sogno? Una fantasia? Dalle parti di Pechino sembra che ci sia un programma. Ed è un programma però più di obiettivi sognati che di operatività diretta, almeno secondo quanto ha raccontato appunto la vice-governatrice.
Stabilità di valore in casa, relativa stabilità sulle piazze internazionali, nel tentativo di renderla forse non più importante del dollaro USA, ma quantomeno un’alternativa percorribile, in particolare negli scambi con le cosiddette economie emergenti. Un traguardo ambizioso, come tanti degli altri traguardi economici e finanziari della Repubblica Popolare e che però sarebbe in cima alla lista dei desideri del Presidente Xi Jinping.
Forte in casa, forte fuori: yuan a caccia di stabilità
Le recenti reticenze di PBOC ad intervenire a salvaguardia di certe crisi utilizzando lo strumento monetario sarebbe parte di un programma più grande, più ambizioso, e più in là nel futuro. Secondo quanto ha raccontato infatti Tao Ling, che è vice-governatrice di PBOC, la banca centrale cinese, lo yuan è in cima alla lista di pensieri del plenipotenziario Xi Jinping, che non riuscirebbe ad immaginare un futuro per la Cina senza una valuta affidabile, forte, stabile e soprattutto utilizzata in maniera più consistente di oggi per il commercio internazionale.
Il problema a monte dovrebbero conoscerlo tutti, sia tra chi opera sul mercato Forex, sia tra chi si occupa soltanto saltuariamente di economia e di finanza. Lo yuan è ancora molto poco diffuso e molto poco utilizzato per gli scambi internazionali, anche quando da un lato dello scambio c’è la Repubblica Popolare Cinese e dall’altro economie emergenti che sono nella posizione di subire almeno certe condizioni negoziali.
La situazione è certamente particolare, ma è dovuta anche alla scarsa credibilità che ha una valuta che fa parte di un contesto economico dove il Partito spesso ha preferito la soluzione di questioni interne a decisioni dure ma che ne avrebbero aumentato la credibilità presso le piazze finanziarie internazionali.
Nel percorso verso il raggiungimento di una credibilità che sia sufficiente per aumentare la diffusione dello yuan negli scambi internazionali c’è stabilità di valore, anche sulle piazze internazionali, e il tentativo appunto di spingerla anche con accordi politici, in particolare in quelle aree di mondo dove la Cina è più forte, tanto politicamente quanto economicamente.
Con buona pace per la valuta dei “BRICS”
I programmi di Xi Jinping, almeno ad avviso di chi vi sta scrivendo, cozzano con l’altra grande fantasia che occupa una buona parte delle analisi della cosiddetta stampa alternativa. Ovvero quella fantasia di vedere da qui a poco una valuta dei BRICS, insieme invero assai eterogeneo di paesi, che è eterogeneo anche nei fini, che possa combattere con il dollaro USA.
Per quanto in tanti vedano un mondo a due blocchi, sarà difficile mettere d’accordo paesi che non solo hanno politiche economiche diverse e obiettivi politici spesso in contrasto, ma che non hanno sempre anche internamente il capitale politico per far passare scelte potenzialmente impopolari.
Se c’è qualcuno che sta affilando la proverbiale ascia di guerra per fare concorrenza al dollaro, quel qualcuno è a Pechino – e non è detto che cerchi soci per uno sforzo che oggi appare ancora come titanico. Staremo a vedere se i desideri di Xi Jinping si trasformeranno in numeri che gli danno ragione. Perché sui mercati, come sempre, sono loro a decidere.Quella di uno yuan forte e protagonista sui mercati internazionali non è più soltanto una fantasia della stampa antagonista. A parlare questa volta è Tao Ling, vice-governatrice della banca centrale cinese, che a microfoni aperti ha raccontato di quello che sarebbe il pallino di Xi Jinping: avere una valuta forte, riconosciuta, che sia scambiata sulle piazze internazionali e per il commercio almeno in proporzione al prodotto interno lordo cinese e al suo importante import/export. Un sogno? Una fantasia? Dalle parti di Pechino sembra che ci sia un programma. Ed è un programma però più di obiettivi sognati che di operatività diretta, almeno secondo quanto ha raccontato appunto la vice-governatrice.
Stabilità di valore in casa, relativa stabilità sulle piazze internazionali, nel tentativo di renderla forse non più importante del dollaro USA, ma quantomeno un’alternativa percorribile, in particolare negli scambi con le cosiddette economie emergenti. Un traguardo ambizioso, come tanti degli altri traguardi economici e finanziari della Repubblica Popolare e che però sarebbe in cima alla lista dei desideri del Presidente Xi Jinping.
Forte in casa, forte fuori: yuan a caccia di stabilità
Le recenti reticenze di PBOC ad intervenire a salvaguardia di certe crisi utilizzando lo strumento monetario sarebbe parte di un programma più grande, più ambizioso, e più in là nel futuro. Secondo quanto ha raccontato infatti Tao Ling, che è vice-governatrice di PBOC, la banca centrale cinese, lo yuan è in cima alla lista di pensieri del plenipotenziario Xi Jinping, che non riuscirebbe ad immaginare un futuro per la Cina senza una valuta affidabile, forte, stabile e soprattutto utilizzata in maniera più consistente di oggi per il commercio internazionale.
Il problema a monte dovrebbero conoscerlo tutti, sia tra chi opera sul mercato Forex, sia tra chi si occupa soltanto saltuariamente di economia e di finanza. Lo yuan è ancora molto poco diffuso e molto poco utilizzato per gli scambi internazionali, anche quando da un lato dello scambio c’è la Repubblica Popolare Cinese e dall’altro economie emergenti che sono nella posizione di subire almeno certe condizioni negoziali.
La situazione è certamente particolare, ma è dovuta anche alla scarsa credibilità che ha una valuta che fa parte di un contesto economico dove il Partito spesso ha preferito la soluzione di questioni interne a decisioni dure ma che ne avrebbero aumentato la credibilità presso le piazze finanziarie internazionali.
Nel percorso verso il raggiungimento di una credibilità che sia sufficiente per aumentare la diffusione dello yuan negli scambi internazionali c’è stabilità di valore, anche sulle piazze internazionali, e il tentativo appunto di spingerla anche con accordi politici, in particolare in quelle aree di mondo dove la Cina è più forte, tanto politicamente quanto economicamente.
Con buona pace per la valuta dei “BRICS”
I programmi di Xi Jinping, almeno ad avviso di chi vi sta scrivendo, cozzano con l’altra grande fantasia che occupa una buona parte delle analisi della cosiddetta stampa alternativa. Ovvero quella fantasia di vedere da qui a poco una valuta dei BRICS, insieme invero assai eterogeneo di paesi, che è eterogeneo anche nei fini, che possa combattere con il dollaro USA.
Per quanto in tanti vedano un mondo a due blocchi, sarà difficile mettere d’accordo paesi che non solo hanno politiche economiche diverse e obiettivi politici spesso in contrasto, ma che non hanno sempre anche internamente il capitale politico per far passare scelte potenzialmente impopolari.
Se c’è qualcuno che sta affilando la proverbiale ascia di guerra per fare concorrenza al dollaro, quel qualcuno è a Pechino – e non è detto che cerchi soci per uno sforzo che oggi appare ancora come titanico. Staremo a vedere se i desideri di Xi Jinping si trasformeranno in numeri che gli danno ragione. Perché sui mercati, come sempre, sono loro a decidere.