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“Imminente” l’accordo tra ENI e Nigeria per la vendita degli asset legati alla produzione di petrolio

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Secondo Oando, una delle più note aziende produttrici di gas e petrolio in Nigeria, sarebbe “imminente” un accordo con ENI per la vendita degli asset che il colosso energetico italiano possiede nel paese. Si parla di strumenti sufficienti a garantire la produzione di 50.000 barili al giorno, che al valore attuale significa $4 milioni di fatturato giornaliero per il gruppo italiano. La società africana non sarebbe soltanto prossima a completare l’acquisizione, ma avrebbe già preparato un piano per l’espansione delle operazioni locali in modo da arrivare velocemente a estrarre 100.000 barili al giorno. Dopo l’addio di Shell arrivato in concomitanza a un disastro ecologico negli oleodotti locali, anche ENI si prepara ad uscire -come altre grandi aziende internazionali- da un mercato nigeriano sempre più difficile e sempre più presidiato dai produttori africani.

Anche se l’acquisizione porterebbe più petrolio nelle mani dei produttori locali, l’antitrust nigeriano non sembra d’accordo su questa possibilità. ENI ha già chiesto, lo scorso luglio, all’ente regolatore di approvare l’acquisizione dei suoi asset da parte di Oando. Non soltanto questa approvazione non è ancora arrivata, ma il governo ha espresso dei dubbi sulla capacità dell’azienda locale di riuscire a mantenere i posti di lavoro creati da ENI e mantenere fede alle promesse sui livelli di produzione. Le autorità temono che Oando non abbia le capacità finanziarie e l’esperienza per gestire le riserve petrolifere nel modo più efficiente per il paese.

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Accordo da $500 milioni tra le parti

Oando ha chiuso l’accordo con ENI per una vendita da mezzo miliardo di dollari, che prevede l’acquisizione da parte del gruppo africano di quattro siti estrattivi: OMLs 60, 61, 62 e 63. Questa parte dell’accordo è quella che ha il valore economico maggiore, ma c’è di più: Oando acquisirà anche le quote che ENI detiene nelle joint venture con l’impresa governativa Nigerian National Petroleum Company, le quote di minoranza nelle centrali elettriche e nelle concessioni per l’esplorazione petrolifera nel paese. Essenzialmente ENI uscirebbe del tutto dal mercato locale, una scelta con implicazioni strategiche importanti dal momento che la Nigeria è il maggior paese produttore di petrolio in Africa.

Oando al momento non è ancora una grande azienda, dal momento che la sua produzione si attesta attualmente intorno a 25.000 barili al giorno. Lo scorso anno la società è riuscita a ottenere un prestito da $800 milioni da una banca sovranazionale per lo sviluppo dei paesi africani, riuscendo così a ottenere le risorse necessarie per poter trovare un accordo con ENI. Le due società hanno firmato formalmente il loro accordo a settembre dell’anno scorso, ma da quel momento è nata una serie di problematiche burocratiche che ancora oggi non permettono all’affare di completarsi.

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Dubbi sulla corruzione

Oando è una società fondata e presieduta da Adewale Tinubu, nipote del presidente nigeriano Bola Tinubu, il che fa emergere alcuni dubbi sulla trasparenza dell’accordo. Probabilmente ci sono dei compratori interessati agli asset di ENI in Nigeria che possono presentarsi con delle credenziali migliori in termini di capacità ed esperienza: questa, per lo meno, sembra essere la visione dell’ente regolatore antitrust nigeriano. In tutto questo, i livelli di output petrolifero in Nigeria sono crollati nel corso degli ultimi anni: dai 2,2 milioni di barili al giorno del 2013 si è passati a poco più di 1,4 milioni di barili di oggi, in un periodo storico in cui la produzione mondiale è aumentata sensibilmente. Una gestione poco efficiente delle riserve ha causato anche tagli alle quote di produzione assegnate dall’OPEC, di cui la Nigeria è un membro stabile ormai dal 1971.

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