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Shell, disastro ambientale in Nigeria: petrolio nel Niger

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Shell è tornata nel mirino degli attivisti ambientali, dopo aver deciso poche settimane fa di decimare gli investimenti e le risorse umane dedicate alla sua divisione per la sostenibilità. La società è stata accusata dalle autorità nigeriane di stare provocando un disastro ambientale nel delta del fiume Niger. Da ieri ci sarebbe un oleodotto che sta perdendo quantità importanti di petrolio nelle acque del prezioso fiume, che fornisce sostentamento e acqua potabile a una parte rilevante della popolazione locale. L’incidente riguarderebbe l’oleodotto di Obolo-Ogale, dal quale passano 180.000 barili di petrolio ogni giorno. Quello che sorprende è che l’oleodotto era stato momentaneamente chiuso per manutenzione a dicembre, per cui avrebbe dovuto riprendere le sue operazioni in ottimo stato.

L’oleodotto di Obolo-Ogale fa parte della Trans Niger Line, un’arteria che raccoglie gran parte del petrolio prodotto in Nigeria ogni giorno e lo trasporta verso il delta del Niger. Qui viene imbarcato sulle navi petroliere che lo esportano verso i mercati internazionali, soprattutto verso l’Europa. Per il momento non è ancora chiaro quanto grave sia la perdita di petrolio, ma è già chiaro che si tratti di una quantità piuttosto consistente. Bisogna notare che il fiume Niger è un polo economico essenziale dell’economia locale, fornendo risorse di pesca e acqua potabile, oltre che un importante bacino per l’irrigazione. Una contaminazione delle acque può avere un impatto molto rilevante sulla popolazione delle aree circostanti.

presentazione della notizia di accuse di disastro ambientale a Shell in Nigeria
La società aveva appena accordato la vendita dei suoi asset locali

Shell nuovamente nel mirino delle autorità locali

Per chi vive vicino al delta del Niger, la situazione di questo fine settimana rievoca l’incubo vissuto a luglio dello scorso anno. In quell’occasione, proprio lo stesso oleodotto aveva già mostrato un problema di perdite fuori controllo. Per intere settimane, la qualità dell’acqua è stata compromessa per il settore agricolo. Le comunità locali che vivono di pesca si sono ritrovate in una situazione estrema, spesso dovendo ricorrere agli aiuti umanitari internazionali per potersi sostentare. Ecco perché le autorità nigeriane hanno immediatamente preso sul serio la segnalazione dei residenti, quando durante la giornata di venerdì è stata segnalata la nuova falla.

La Nigerian Oil Spill Detection and Response Agency (NOSDRA) ha immediatamente avviato le sue investigazioni. Nel frattempo la divisione locale di Shell non ha risposto alle richieste di chiarimento della stampa internazionale. Per il momento la società non ha dichiarato né l’entità dell’incidente, né ha fornito indicazioni su quali siano le proprie responsabilità nell’accaduto. Domani dovrebbero essere pronti i primi report delle autorità nigeriane, che provvederanno a fornire i primi chiarimenti.

foto di barchette ormeggiate sul fiume Niger
Il fiume Niger è un’arteria economica per la popolazione locale

Shell se ne va, Amnesty punta il dito

Questa potrebbe essere l’ultima volta in cui Shell viene accusata della propria responsabilità negli incidenti che nel corso degli anni si sono verificati con i suoi oleodotti in Nigeria. Pochi giorni fa, SLDP -la divisione nigeriana di Shell- è stata venduta. A comprarla, per la somma di $2,4 miliardi, è stato un consorzio di società locali. Ma anche questo addio non è stato privo di critiche: Amnesty International ha apertamente puntato il dito contro il colosso energetico, accusando Shell di stare cercando di sfuggire alla responsabilità di decenni di disastri ambientali e inquinamento incontrollato delle acque del fiume Niger. La società operava nel paese da oltre 50 anni, ma riuscire a estrarre petrolio in Nigeria con profitto non è una sfida semplice: Eni e Exxon Mobil sono altre due società che hanno già deciso negli scorsi anni di vendere le loro divisioni locali.

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