News
In Cina nuove restrizioni a investimenti esteri | Fondi si adeguano
Stretta cinese sulla possibilità, in particolare per gli investitori retail, di investire su azioni straniere. Questo è quanto è stato riportato da Financial Times, che parla del tentativo del governo centrale di Pechino di concentrare gli sforzi di risparmio e di investimento della popolazione su aziende appunto locali. Circa un terzo dei fondi che permettono, per via indiretta, l’investimento in azioni estere, hanno già comunicato di aver fissato ulteriori limiti massimi, il tutto a tutela degli investitori e della stabilità delle operazioni.
Una spiegazione poco convincente, che deve essere letta alla luce di quella che sembrerebbe essere l’ennesima manovra, tutta politica, di tutela del mercato cinese, che sta fronteggiando un periodo di forti difficoltà anche sul fronte degli investimenti azionari. Non è chiaro quanto questo tipo di misure aiuteranno un mercato che avrebbe, almeno secondo una parte maggioritaria degli analisti, problemi più profondi, strutturali, che però il governo centrale di Pechino continua a combattere con manovre spot, ovvero con interventi singoli, non organici e di portata per forza di cose limitate.
Autarchia di investimento
Le azioni estere sono da sempre di grande attrattiva anche per i piccoli risparmiatori cinesi. E certamente eventuali limitazioni non sono cosa nuova, per quanto ci siano appunto strutture finanziarie che permettono – nel pieno rispetto delle regole sul controllo dei capitali – di investire tramite prodotti intermediati su certe azioni estere. Per i retail è di fatto l’unico modo che si ha per accedere ai mercati esteri. La popolarità è chiara: il grosso delle società che offre questo tipo di investimenti è vicina al cap massimo di allocazioni su aziende straniere, secondo le quote imposte dallo stesso governo cinese. Ora questi limiti, almeno secondo quanto riporta Financial Times, sarebbero appunto potenziale oggetto di un’ulteriore stretta. Stretta che sarebbe stata comandata dalla difficile situazione sui mercati azionari cinesi.
Oltre all’avvicinamento al cap massimo, ci sarebbero stati infatti suggerimenti direttamente dalle autorità centrali a rallentare e in alcuni casi a stoppare completamente l’offerta di certi prodotti. Sempre secondo i dati che sono stati raccolti da Financial Times, 79 fondi cinesi avrebbero completamente sospeso la vendita di prodotti finanziari agli investitori retail, e 53 sarebbero ricorsi a limiti più bassi di quelli che la legge permetterebbe.
Si tratta di fondi, sempre secondo i numeri citati dal giornale, che varrebbero circa il 30% degli investimenti in prodotti finanziari e titoli esteri. Coinvolte anche società “occidentali” come JPMorgan e Manulife.
Solo in casa
Tra gli investimenti che sarebbero poco graditi al Partito ci sono quelli in ETF che replicano l’andamento dei più importanti indici del blocco occidentale, come ad esempio Nikkei 225, USA 50, NASDAQ 100, per quanto comunque il campo d’azione delle richieste delle autorità centrali sia certamente più esteso. La domanda, inoltre, è tale da aver creato un importante premium sulle quote rispetto al NAV.
La stessa grande domanda che arriva dalla Cina è considerata in parte responsabile del recente boom della borsa giapponese, altro segnale che dovrebbe aiutare a comprendere la proporzione di certi investimenti e la preferenza, soprattutto recente, dei risparmiatori cinesi per aziende al di fuori dei confini nazionali.
Un’altra restrizione che però giocherà contro in termini di credibilità per il sistema cinese e di quello delle sue aziende. Vedremo, tra poco, se tale mossa sarà stata in grado di offrire sostegno ad una borsa cinese che nessuno aveva mai visto in difficoltà come nel 2023. I problemi sono comunque strutturali, almeno secondo la maggioranza degli analisti. E di questo si dovrà rendere conto, prima o poi, al netto di manovre spot che per loro natura non possono che essere di breve e ridotto impatto.