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Indonesia Shock: tassi su di 25 punti base per proteggere la valuta. La palla passa alle altre banche centrali

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Probabilmente non ci saranno novità sul breve nelle politiche monetarie di Stati Uniti e area euro, ma altrove nel mondo c’è di che stupirsi quasi ogni giorno. Poche ore fa la banca centrale indonesiana ha infatti aumentato i tassi di riferimento di 25 punti base, decisione che era stata prevista da poco più del 25% degli economisti che erano stati contattati da Bloomberg. Una decisione che arriva in un contesto che abbiamo già analizzato negli scorsi giorni e che riguarda le crescenti pressioni ribassiste sulle valute dei paesi cosiddetti emergenti.

Pressioni che arrivano sia dalla situazione di Washington, con Federal Reserve che difficilmente taglierà i tassi a giugno e con il momento del pivot che si allontana, sia invece dall’evolversi della situazione in Medio Oriente. Per quanto infatti sembrino rientrate le preoccupazioni per un’eventuale escalation delle ostilità tra Israele e Iran, la situazione rimane tesa, con pressioni ribassiste importanti su tutte le valute che vengono percepite come maggiormente rischiose dai mercati internazionali. La rupia indonesiana si trova su livelli che erano stati raggiunti soltanto all’inizio della crisi pandemica, altro evento esogeno che aveva fatto pagare un prezzo importante alle valute esotiche e dei paesi emergenti.

Decisione shock in Indonesia

Decisione a sorpresa della banca centrale indonesiana

Il primo dato interessante è che le banche centrali forse fuori dall’orbita dei più accaniti trader del mondo del Forex hanno ampio spazio per stupire. La decisione di poche ore fa della banca centrale indonesiana non era stata prevista dalla maggioranza assoluta degli analisti e degli economisti. Un rialzo di 25 punti base che ha però delle motivazioni ben precise, descritte già dal nostro approfondimento sulla crisi delle valute asiatiche.

Il contesto è di quelli estremamente preoccupanti per quel blocco di valute: Washington può permettersi di rimandare a data da destinarsi l’atteso taglio dei tassi. E questo, grazie alle dinamiche tipiche delle divergenze tra tassi di interesse, è fonte di forza importante per il dollaro USA, in particolare verso quelle valute che il mercato percepisce come meno affidabili.

A questa situazione, che è più squisitamente all’interno del mondo delle cose finanziarie, si aggiungono preoccupazioni di carattere geopolitico che ormai i mercati portano con loro da tempo e che sono peggiorate – salvo poi rientrare – negli scorsi giorni, al crescere delle tensioni tra Iran e Israele.

In una situazione del genere il terreno diventa immediatamente fertile per quanto riguarda decisioni fuori dagli schemi per le banche centrali di dimensioni ridotte, come quella indonesiana.

Ora toccherà ad altre banche centrali?

In attesa di altre mosse da banche centrali dei paesi limitrofi?

La palla ora passa a economie comparabili dell’area che stanno affrontando problemi analoghi. Qualcuna si è già mossa – e potrebbe continuare a farlo lungo lo stesso percorso. Altre rimarranno alla porta cercando di rimandare rialzi che comunque hanno un prezzo da pagare. Che tipo di prezzo? Una compressione della crescita economica con la quale nessuno vuole fare i conti, soprattutto in quei contesti in cui la stabilità politica poggia con entrambi i metaforici piedi sulle traiettorie di crescita del prodotto interno lordo.

È la più classica delle decisioni tra due veleni, con la banca centrale indonesiana che per il momento ha deciso che quello meno venefico è il rialzo dei tassi che ha comunicato poche ore fa. Vedremo se le altre prenderanno decisioni simili o se decideranno di tirare la corda in attesa di un ammorbidimento delle politiche monetarie da parte di Washington. Decisione che per ora non si è ancora palesata all’orizzonte, creando non poche tensioni anche a Francoforte, con BCE che taglierà prima di Federal Reserve. Per gli ottimisti è segno di indipendenza, per i più cinici segno dell’assenza di alternative.

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