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Inflazione USA sotto le aspettative. Dollaro giù, brindano i mercati

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Arrivano i dati dell’inflazione negli Stati Uniti relativi al mese di ottobre e sono migliori di quanto avessero previsto gli analisti, per quanto ancora lontani dal target del 2% che è il mantra di tutte o quasi le principali banche centrali del pianeta. Inflazione classica anno su anno a +3,2%, mentre per l’inflazione Core – ritenuta più importante a Washington – si è al 4,0%. Le previsioni erano rispettivamente del 3,3% e del 4,1%. Si tratta di dati che difficilmente cambieranno la traiettoria dell’azione di Federal Reserve, che è esattamente quanto i mercati volevano sentirsi dire.

Come spesso accade quando i dati non indicano una direzione precisa, gli analisti si divideranno in due schieramenti netti: chi dirà che la questione sarà rimandata al prossimo mese e chi invece, desideroso di guardare a un bicchiere mezzo pieno, parlerà di ulteriore successo nella lotta all’inflazione.

Inflazione ancora giù, anche rispetto alle previsioni

Dollaro debole dopo i dati sull’inflazione. Federal Reserve si ferma qui?

I dati sono migliori di aspettative che erano già abbastanza incoraggianti. Negli USA l’aumento dei prezzi si ferma al 3,2% su base annua, segnale che la cura da cavallo messa in piedi da Federal Reserve e dai sodali di Jerome Powell sta funzionando. E che sta funzionando anche meglio che altrove, anche a causa di tassi che sono oggi negli USA tra i più alti al mondo.

Buono il dato anche dall’inflazione Core, che è quella che non tiene conto dei prezzi dell’energia, che pur stanno dando una mano invece sul fronte dell’inflazione classica. Siamo però lontani ancora dal 2%, che è il target che Jerome Powell così come gli altri governatori dovrà continuare a perseguire.

Si tratta comunque, nel complesso, di una buona notizia. Ora sono in pochissimi a credere che per la prossima – e ultima per il 2023 – riunione del FOMC ci sarà qualcuno disposto a sostenere la necessità di ulteriori rialzi.

Manca ancora tanto al target del 2%

Come hanno reagito i mercati?

Il dollaro ha perso quasi l’1% nei confronti dell’Euro, durante una giornata che aveva comunque visto montare il recupero della divisa di Francoforte su USD. Non è chiaro certamente quanto durerà questo atteggiamento rialzista dell’euro e la discussione sul medio e lungo periodo andrà rimandata ai dati che arriveranno appunto dall’Europa.

Su anche Bitcoin contro il dollaro, contro una performance più che rivedibile nei confronti dell’euro. Su anche SPX500, segno che l’inflazione in ritirata viene vissuta come un dato di estremo buon auspicio per i mercati di rischio.

Rimaniamo però convinti del fatto che al netto dei movimenti di breve periodo, servirà altro per valutare l’impatto di lungo periodo di un dato che è sì migliore delle aspettative, ma che segnala al tempo stesso un lungo cammino prima del ritorno alla normalità.

Rialzi dei tassi ormai impossibili?

Questo è quanto si legge dal consenso dei principali analisti, e se possiamo aggiungerci, anche dal nostro. È difficile, in una situazione del genere, pensare che il prossimo FOMC possa partorire un nuovo rialzo. D’altronde anche il mercato del lavoro sta lanciando segnali positivi in termini di raffreddamento e ci sarà difficilmente bisogno di spingerlo ancora al ribasso.

È una buona notizia, quello di cui i mercati avevano bisogno e che però dovrà essere corroborata anche dalle prossime letture. Intanto domani tocca a Londra, dove la situazione è certamente peggiore di quella di Washington.

Chi ha bottiglie in fresco per celebrare la fine del periodo di alta inflazione dovrà pertanto pazientare ancora un po’, nella speranza che non gli vada di traverso per l’arrivo di un’eventuale recessione. I rischi ci sono, ma oggi i mercati non vogliono pensarci, preferendo brindare al dato migliore delle aspettative. L’entusiasmo intanto vola, a partire dalle banche d’affari.

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