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Inflazione USA sotto le attese, tutto da rivedere per i tassi della Fed: volano le borse statunitensi
I nuovi dati sull’inflazione negli Stati Uniti di maggio mostrano segnali di rallentamento: i prezzi al consumo sono rimasti invariati rispetto ad aprile, sorprendendo gli economisti che avevano previsto un lieve aumento dello 0,1%. Su base annua si registra invece un calo, con l’inflazione che scende dal 3,4% di aprile al 3,3% di maggio. I dati sono un lieve sollievo per la Federal Reserve e per l’amministrazione Biden, che stanno affrontando pressioni politiche molto forti sul tema dei rincari in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Invece sono un grande sollievo per i mercati, a giudicare dalla loro performance: tutti i principali indici di Borsa statunitensi hanno aperto la giornata ampiamente in verde dopo la notizia.
Le cause del rallentamento dell’inflazione di maggio sono complesse e probabilmente temporanee. Alcuni analisti attribuiscono il calo dei prezzi dell’energia all’allentamento delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente, mentre altri vedono l’influenza di un dollaro più forte. È comunque importante sottolineare che i prezzi dell’energia sono più alti rispetto all’anno scorso, quindi entrambe le spiegazioni non sembrano convincere del tutto. Ora i mercati si chiedono quanto sarà forte l’impatto dei dati di oggi sulle decisioni della Fed, sperando che i tagli ai tassi d’interesse siano più vicini.
Ancora diverse sfide da affrontare
Nonostante il leggero miglioramento, l’inflazione rimane la principale preoccupazione per l’economia statunitense. La Federal Reserve, per voce di Jerome Powell, ha sottolineato che non ci saranno riduzioni dei tassi di interesse fino a quando non ci sarà “maggiore fiducia” che l’inflazione si stia stabilizzando intorno al target del 2%. Anche l’andamento dei prezzi degli affitti continua a destare preoccupazioni. I costi degli affitti sono aumentati in media dello 0,4% su base mensile e del 5,4% su base annua, contribuendo in modo significativo all’inflazione di base e andando a pesare proprio su una delle principali voci di spesa degli americani.
L’indice core CPI, che esclude energia e generi alimentari, è salito dello 0,4% su base mensile e del 5,2% su base annua, ben oltre l’obiettivo del 2% della Federal Reserve. Questo dimostra che la strada verso un vero e proprio ritorno a una situazione sotto controllo è ancora lunga e che, fondamentalmente, il modo in cui viene costruito il paniere dell’inflazione finisce per avere un impatto enorme sui dati. Un tema che sembra dunque dare ragione a Jerome Powell, che nelle sue dichiarazioni delle ultime settimane è rimasto molto prudente quando si è affrontato il tema di un possibile taglio ai tassi d’interesse.
Tagli ai tassi a settembre: è possibile?
Nonostante una crescita occupazionale robusta e un aumento dei salari medi, i prezzi rimangono ben al di sopra dei livelli pre-pandemia, alimentando critiche politiche nei confronti dell’amministrazione Biden. I repubblicani stanno attivamente utilizzando l’inflazione come un’arma retorica per attaccare il presidente, attribuendo a lui la colpa dell’aumento dei costi di vita. L’inflazione rimane una questione critica anche per i mercati finanziari. Gli investitori osservano attentamente i dati inflazionistici e le risposte della Fed, dal momento che l’incertezza su tassi di interesse influenza negativamente il sentiment del mercato. Con l’inflazione negli Stati Uniti rimane ben al di sopra dell’obiettivo della Fed, i dati di oggi sono incoraggianti ma decisamente non risolutivi: aspettarsi un taglio ai tassi a settembre è più legittimo di prima, ma rimane un’ipotesi ancora incerta.