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Jerome Powell in settimana al Congresso | Ecco cosa dirà
Nel mezzo della settimana Jerome Powell dovrà comparire, nel solito appuntamento semestrale, davanti al Congresso e al Senato per fornire una ricognizione dell’attuale stato delle politiche monetarie degli Stati Uniti, condendo se possibile il suo intervento anche con previsioni sulle possibili mosse future per Federal Reserve. Dovrebbero essere due appuntamenti, mercoledì e giovedì, privi di grandi sorprese. Ci si aspetta infatti che JPow confermi l’atteggiamento attendista da parte della più importante banca centrale del mondo, complici dati ancora incerti e la difficoltà di intravedere la fine del tunnel che dovrebbe riportare credibilmente verso il 2% di inflazione anno su anno.
Sarà dunque lo stesso Jerome Powell che abbiamo visto nelle ultime uscite, con analisti e operatori di mercato che saranno di nuovo alla disperata ricerca di ogni segno della voce, di ogni tremolio, di ogni gesto per comprendere cosa ci sia davvero nella mente di Jerome Powell e di quali siano le convinzioni più profonde di Federal Reserve. Convinzioni che in settimana sono state messe in dubbio da diversi governatori e membri del FOMC, quantomeno in relazione alla velocità con la quale dovrà essere ridotto il balance sheeet.
Appuntamento per mercoledì e giovedì
Saranno appuntamenti che si distribuiranno su due giornate e precisamente mercoledì e giovedì, con un Jerome Powell che non dovrebbe offrire però alcun motivo di stupore ai mercati, che si tratti di quelli del Forex o quelli azionari, che pure si sono dimostrati essere, durante gli ultimi appuntamenti, più che reattivi ad ogni minimo cambio nel tono di voce del capo dei capi di Federal Reserve.
Una parte di quanto sarà detto è stato in realtà già anticipato dagli altri di Fed durante le loro più recenti uscite pubbliche: le condizioni dell’economia degli Stati Uniti d’America sono tali da non richiedere tagli ai tassi “d’urgenza” e l’inflazione ancora sticky richiedono il massimo della prudenza nel discutere eventuali tagli. L’appuntamento prossimo del FOMC, quello di marzo, non prevederà tagli e difficilmente lo prevederà quello di maggio, con l’intera questione che potrebbe essere rimandata addirittura alla seconda metà del 2024. Niente però che i mercati non abbiano già ampiamente assorbito, con la ripetizione di questi concetti che non dovrebbe, almeno a rigor di logica, movimentare eccessivamente i mercati.
Si preferirà pertanto rischiare di arrivare troppo tardi con i tagli piuttosto che correre il rischio di arrivare troppo presto, in una riedizione di quanto è stato già detto anche dall’altra parte dell’oceano, in Europa, anche a firma dei più importanti economisti del continente.
I dati non permettono altro
Per quanto i più impazienti sognino un Jerome Powell più intraprendente, la verità è che i dati continuano a essere piuttosto piatti, non permettendo così alcun tipo di colpo di testa da parte di Federal Reserve. Non vi è motivo per percepire alcun tipo di urgenza né vi sono segnali che il tempo dei tassi in territorio ampiamente restrittivo stiano per finire. C’è ancora da combattere un’inflazione che sta scendendo in modo molto lento e il cui potenziale rimbalzo continua a preoccupare il grosso degli analisti e anche dei banchieri centrali.
Si giocherà dunque ancora d’attesa, si continuerà a navigare a vista e si parlerà più in generale, a Capitol Hill e al Senato, di quanto è stato fatto fino a oggi, di quanto il mercato del lavoro si sia dimostrato resiliente e di quanto l’economia USA sembri in grado di sostenere il nuovo scenario.
Ogni riferimento hawkish di Jerome Powell – questo è quanto è utile per chi investe in Forex – potrebbe essere di rinforzo a un dollaro che arriva da due settimane di rosso, per quanto contenuto.