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JPMorgan e Itaù prevedono un taglio dei tassi in Brasile

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La prima grande economia ad aver già traghettato la sua politica monetaria oltre la fine di questo ciclo economico potrebbe essere il Brasile. Questa è la previsione di JPMorgan, ma anche quella di Itaù: trattandosi della più grande banca brasiliana e di una delle più grandi in America Latina, è considerata tra le voci più autorevoli in materia. L’argomento è più vicino a noi di quanto potrebbe sembrare, dal momento che offrirà dei dati sul possibile ritorno dell’inflazione nel caso in cui la banca centrale decida di percorrere una strada di tagli ai tassi di interesse.

L’economia brasiliana sta facendo parlare molto di sé per via dell’unione con gli altri paesi BRICS, che lavorano sempre di più verso un’economia mondiale non più centrata sul dollaro americano. Negli ultimi mesi, il Presidente Lula ha cercato di guadagnare influenza sulla banca centrale per incentivare una politica monetaria più vicina alle proprie vedute economiche. Ora le grandi banche d’investimento pensano che si passerà all’azione, con una politica monetaria più espansionista in arrivo già entro la fine del 2023. Secondo le stime attuali, già a settembre si potrebbero osservare i primi tagli ai tassi di interesse.

Per la BCE e la Fed, un taglio ai tassi in Brasile fornirebbe importanti informazioni sul comportamento dell’inflazione

Real stabile sul mercato Forex

Malgrado le notizie, il real brasiliano non sembra ancora aver avuto reazioni degne di nota sul mercato Forex. Per il momento non rimane prezzato nei cambi il fatto che la banca centrale possa tradurre le previsione di JPMorgan e Itaù in realtà. Entrambe le banche hanno comunque fornito le stesse ragioni alla base delle proprie stime: la principale motivazione sarebbe il tasso di inflazione in calo, con Itaù che ha in contemporanea abbassato le stime per l’indice dei prezzi al consumo.

Secondo la principale banca brasiliana, ora il tasso di inflazione medio del 2023 passerà dal 5,8% al 5,3% sulla scia di prezzi più bassi per le importazioni e per il petrolio. Un anno fa il tasso di inflazione brasiliano era superiore al 10%, mentre attualmente si colloca al 3,94%. Un calo molto significativo della pressione sui prezzi, che potrebbe facilmente tradursi in tagli ai tassi di interesse. Per JPMorgan, è addirittura probabile che i tassi scendano di 50 punti base nella prima riunione sulla politica monetaria di settembre. Bisogna comunque ricordare che, attualmente, i tassi sono molto alti. Il tasso più seguito della banca centrale brasiliana è attualmente al 13,75%, per cui gli scatti da 50 punti base hanno un significato diverso rispetto a quello che hanno in Europa o negli USA.

Il grafico mostra l’andamento del tasso di inflazione in Brasile negli ultimi 5 anni

Europa e Stati Uniti guardano con interesse

Dopo che la Federal Reserve ha deciso di mantenere i tassi invariati nell’ultima riunione di politica monetaria, seguita dalla decisione della BCE di aumentare i tassi di 25 punti base, è ancora più chiaro che Stati Uniti e Europa siano ancora alle prese con l’inflazione. Mantenere i tassi di interesse ai loro massimi da oltre 10 anni a questa parte, inevitabilmente, rallenta la crescita e può causare problemi importanti a mercati come quello immobiliare e bancario. Per questo ci si chiede cosa succederebbe se, in caso di recessione, le due banche centrali volessero tornare ad abbassare i tassi.

La situazione attuale in Brasile permetterebbe presto di valutare l’andamento economico alla luce di questi eventi. La BCE e la Fed potrebbero finalmente avere dei dati reali, provenienti da una grande economia, sul possibile ritorno dell’inflazione in caso di taglio ai tassi.

Bisogna comunque ammettere che, fino a questo momento, l’ipotesi di un taglio ai tassi in Europa o negli USA rimane piuttosto remota. Persino la Federal Reserve, pur avendo deciso di non aumentarli nella riunione di giugno, rimane dell’idea che nel corso dell’anno saranno necessari altri interventi per abbassare la pressione sui prezzi. Presto, però, il Brasile potrebbe fornire indicazioni sul futuro della politica monetaria anche nelle economie sviluppate che sono ancora alle prese con l’inflazione.

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