News
La Banca Mondiale pubblicherà più dati sui paesi emergenti per favorire gli investimenti dall’estero
La World Bank ha deciso di puntare sui dati per aumentare gli investimenti verso i paesi emergenti, un’idea interessante che potrebbe aiutare a colmare l’asimmetria informativa tra le grandi multinazionali e le economie più piccole. Tra questi ci saranno il numero di bancarotte, la quantità di debito nell’economia e molti altri dettagli interessanti per gli investitori interessati a delocalizzare o ad aprire nuove filiali. I dati saranno disponibili già dalla prossima settimana, secondo quando dichiarato dal presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga. Secondo la World Bank, uno dei limiti principali allo spostamento di capitali tra diverse economie è proprio la mancanza di una banca dati affidabile e aggiornata che possa aiutare a direzionare le decisioni d’investimento in modo più informato.
Banga ha fatto questa dichiarazione al China Development Forum, nella mattinata -orario cinese- di domenica. Questo è un evento importante che arriva proprio dopo la pubblicazione dei dati sugli investimenti esteri in Cina, che nei primi due mesi di quest’anno hanno visto un calo notevole rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In questo caso il calo non si deve alla mancanza di dati ma al rallentamento dell’economia cinese e al protezionismo statunitense verso i prodotti cinesi, ma nel caso di altri paesi è evidente che spesso le informazioni pubblicamente disponibili non siano sufficienti a prendere delle scelte di investimento totalmente consapevoli.
Servono più progressi sullo spostamento dei capitali
La Banca Mondiale ha dichiarato durante lo stesso intervento che, lo scorso anno, ha mobilitato $41 miliardi in investimenti verso i paesi emergenti. Nel frattempo ha anche spostato $42 miliardi in capitali privati grazie ai suoi investimenti; quando la Banca Mondiale investe, solitamente, lo fa per coadiuvare l’investimento privato e non per sostituirsi alle iniziative dei mercati. Molto interessante il fatto che l’istituzione si dica pronta a “eclissare” questi numeri durante il 2024, dal momento che già in questi primi tre mesi dell’anno si è notato un aumento notevole dell’attività di investimento attraverso le frontiere. Ci si concentra in particolare sulle iniziative per il finanziamento della transizione energetica, con i paesi emergenti -soprattutto in Africa- che ricevono appena una frazione delle risorse necessarie per completare questo passaggio.
La Banca Mondiale fa notare che il tasso di crescita medio delle economie emergenti è diminuito notevolmente nel corso degli ultimi vent’anni. Si è passati dal 6% annuo dei primi anni 2000 al 4% annuo di oggi. Tra i fattori che spingono in questa direzione non c’è soltanto la mancanza di informazioni, ma indubbiamente colmare questo gap sui dati può aiutare a ridurre un problema concreto. Concreto al punto che la Banca Mondiale ritiene che per ogni punto di crescita del PIL perso nei paesi emergenti, ci siano 100 milioni di persone in meno in grado di uscire dalla soglia di povertà. Inoltre il rallentamento della crescita porta anche a un indebitamento crescente delle economie in via di sviluppo.
Prevista un’ondata di disoccupazione
La Banca Mondiale ha un motivo molto chiaro per preoccuparsi dei problemi legati alla mancanza di investimenti dai paesi sviluppati verso quelli in via di sviluppo. Nel corso del prossimo decennio ci si aspetta che nei soli paesi emergenti ci siano 1,1 miliardi di persone giovani interessate a entrare nella forza lavoro; al tempo stesso, ci si aspetta che vengano creati solo 325 milioni di posti di lavoro. Questo significa che potrebbero anche verificarsi ondate migratorie più forti e più difficili da controllare verso le economie che effettivamente avranno bisogno di lavoratori, causando una fuga dei cervelli in grado di peggiorare ulteriormente la situazione per le economie in via di sviluppo. La Banca Mondiale spera di poter aiutare a migliorare la situazione triplicando i suoi prestiti annui da qui al 2030.