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Le società di mining fanno lobby negli USA. Vogliono un Bureau che permetta di competere su litio e rame

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Saranno elezioni, le presidenziali del 2024 negli Stati Uniti, dense di significato per i mercati. Nonostante – a prescindere da chi ne uscirà vincitore – non ci si aspettino grossi cambiamenti per la spesa pubblica e per la correzione dell’enorme deficit che grava sugli USA, ci sarà tanto di cui discutere. Da Bitcoin e criptovalute, che sono entrate prepotentemente nella campagna elettorale di Donald Trump a – è notizia più recente – alle attività di estrazione mineraria.

È notizia di poche ore fa l’avvio di attività di lobbying da parte delle aziende e compagnie del settore per riavviare il Bureau che si occupa appunto del mining, del quale sarebbe tornata viva la necessità in un momento di sconquasso geopolitico come quello che stiamo affrontando. L’attività di lobbying, secondo quanto riporta Reuters, vedrà il via tra 1 mese, prima delle convention principali dei due partiti e indicherà come via da seguire quella di tanti altri giganti mondiali del settore, a partire dall’Australia. Gli occhi sono puntati su rame e litio, sempre più cruciali per le produzioni di batterie per veicoli elettrici, e dunque cruciali anche per ogni tipo di programma verso le emissioni zero o comunque di riduzione delle stesse.

Le società di estrazione statunitensi si preparano alla guerra elettorale

L’obiettivo è semplice: riattivare un Bureau di livello federale, che riporti direttamente al prossimo Presidente degli Stati Uniti, per sostenere un settore cruciale per ogni tipo di piano di riduzione delle emissioni. Sarà questa la narrativa scelta dai gruppi che si occupano di attività estrattive negli Stati Uniti, che lanceranno le loro attività di lobbying – normali e legali negli USA – poco prima delle due grandi convention del Partito Repubblicano e del Partito Democratico. Tempi stretti, per carità, che non saranno però di ostacolo ad una campagna che sarà breve ma intensa.

Si punterà, in termini di narrativa, sul ruolo cruciale che sarà svolto dal settore anche per il cammino verso la sostenibilità, cammino che è oggetto di pressioni politiche minori negli States rispetto all’Europa, ma che comunque è al centro di almeno una parte della campagna elettorale di Joe Biden, e che potrebbe diventare ancora più importante se – come si sospetta a più livelli – dovesse arrivare un altro candidato per i Democratici.

La situazione è oggi eccessivamente frammentata, dicono le società che si sono riunione per attività di lobby, con diverse delle competenze chiave che sono attribuito a più agenzie, rendendo il processo decisionale lento, poco prevedibile e poco utile per l’industria.

Sponde da quale lato?

Probabilmente da entrambi, con i repubblicani guidati da Trump che sfrutteranno la situazione per pubblicizzare un maggiore supporto all’industria nazionale e Joe Biden che raccoglierà la sfida anche per i suoi legami con la cosiddetta economia green, per quanto per molti si tratti di poco più di greenwashing. Sarà anche decisivo valutare quanti denari verranno messi sul tavolo e quanto potranno cambiare una corsa elettorale che è tutto fuorché decisa, sia in termini di candidati, sia in termini invece di esito definitivo.

Saranno, come abbiamo scritto in apertura, delle elezioni importanti per l’economia USA e di conseguenza per quella di tutto il mondo. Esito non scontato, con tanti settori anche di nuova generazione che si sono già schierati apertamente, come quello appunto delle criptovalute e di Bitcoin. Una corsa elettorale che, come da tradizione USA, sarà decisa anche dal potere di lobby di organizzazioni che metteranno sul tavolo un fiume di milioni che può fare la differenza.

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