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L’economia mondiale attende le parole di Jerome Powell
Quando il gioco si fa duro, gli occhi del mondo tornano a essere puntati sulla più importante delle banche centrali del mondo. Quando in Italia sarà il tardo pomeriggio di giovedì 19 ottobre, Jerome Powell cercherà di tranquillizzare i mercati e al tempo stesso di rassicurare chi teme che Federal Reserve molli la presa contro l’inflazione. Di sirene dovish se ne sono accese diverse, in particolare dai governatori delle divisioni locali di Federal Reserve, ma queste potrebbero essere non sufficienti per confermare ai mercati che il grosso è stato fatto.
Le sfide di Fed e di Jay Powell sono molteplici: sul fatto che l’inflazione non possa presentare nuovi colpi di coda ci sono dubbi fondati. Così come ce ne sono sul possibile soft landing dell’economia statunitense, che poi è direttamente collegata all’altro mandato di Fed, quello riguardante il massimo dell’occupazione da perseguire in ogni mandato. Wall Street ha aperto con un certo brio, ma saranno le parole di Powell a orientare, molto probabilmente, le prossime mosse del settore azionario e dell’economia in generale.
Tutti pendono dalle labbra di Jerome Powell
In realtà le prossime decisioni di Federal Reserve in merito ai tassi di interesse appaiono già piuttosto scontate. I mercati hanno prezzato un’altra pausa, nella speranza che si trasformi in stop definitivo al rialzo dei tassi. Al tempo stesso vi è la certezza che le politiche monetarie restrittive abbiano ancora da produrre almeno in parte i loro effetti, in particolare se considerate in abbinamento al piano di quantitative tightening per il quale si è impegnata Fed.
Cosa ci si aspetta allora da Jerome Powell? Il momento è quello che è – in termini di incertezza – e dunque ulteriori conferme di essere sulla strada giusta e di aver già pagato un prezzo sufficiente all’altare dell’inflazione saranno più che benvenute dai mercati. In realtà però non saranno le prossime decisioni a interessare: quello che si cercherà di interpretare dalle parole, dalle pause e dai toni di Jay è il livello che si potrà considerare come finale per questo ciclo di politiche monetarie restrittive.
Questo all’interno di una situazione geopolitica tesa e difficile da gestire, che potrebbe avere effetti importanti anche sul mercato del petrolio e dunque sul livello dei prezzi.
Economia ancora forte negli USA, anche se si avverte qualche scricchiolio
I più smemorati non ricordano quanto avvenuto durante i precedenti cicli restrittivi da parte di Fed. L’economia ha impiegato del tempo prima di raffreddarsi e è arrivata al bottom soltanto dopo diversi mesi. Movimenti che hanno permesso la pubblicazione di centinaia di paper che si occupano del lag tra le decisioni di politica monetaria e l’effettiva trasmissione all’economia. Per questo la disoccupazione e i consumi appaiono ancora come quelli di un’economia molto lontana dalla recessione.
Prima di poter trarre conclusioni – ed è questo che tiene impegnati in questi giorni gli analisti di Federal Reserve – si dovrà guardare anche a altri settori. Come quello immobiliare, che continua a peggiorare le sue condizioni con forti rallentamenti nell’accesso al credito, anche da parte degli acquirenti della prima casa.
A preoccupare è anche il mercato dei bond, che per quanto stia accennando a una minima correzione dell’inversione tra tassi di breve e tassi di lungo, non può permettersi ulteriori rialzi, pena uno stress eccessivo su banche che hanno i forzieri digitali pieni di debito USA.
La situazione è quanto mai complessa: la soglia del 5% è ritenuta da Morgan Stanley la soglia di bottom per i bond USA, livello oltre il quale si attiveranno reazioni da parte dei mercati che riporteranno la situazione verso mari più tranquilli. Trattandosi però di proiezioni, previsioni e opinioni, sarà il caso di rimanere comunque in guardia.
Ne sapremo di più, forse, dalla viva voce di Jerome Powell tra poche ore, in diretta dall’Economic Club di New York.