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L’inflazione USA affonda lo yen, ma BoJ non è ancora intervenuta. Caos sui mercati in attesa di risposte

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Tutte le opzioni sono sul tavolo. Con lo yen che ha perso anche la soglia – simbolica e tecnica – dei 152 contro il dollaro USA, il messaggio che arriva da Tokyo è chiaro: si potrà ricorrere a qualunque strumento a sostegno della divisa nazionale, cosa che in realtà però era stata già ripetuta più volte in questo cammino di avvicinamento a quota 152. I dati sull’inflazione USA hanno inoltre esacerbato una situazione che già tranquilla non era: i prezzi sono cresciuti più delle aspettative, rinforzando il caso di tagli che inizieranno soltanto dopo giugno.

La differenza tra tassi di interessi attesi in Giappone e negli USA ha fatto il resto: da diverse ore USDJPY scambia sopra i 152, senza che però ci sia stato ancora un intervento di alcun tipo a tutela di JPY. In aggiunta, soltanto ieri Kazuo Ueda aveva affermato che non si sarebbe modificata la politica monetaria di Bank of Japan a causa delle pressioni ribassiste sullo yen. Una situazione che appare ancora come confusa, con i trader retail che hanno accumulato posizioni long sullo yen aspettandosi appunto un intervento che, almeno nel momento in cui viene pubblicata questa analisi, non si è ancora palesato.

L’inflazione USA mette nei guai Tokyo: i mercati in attesa dell’intervento

I dati poco incoraggianti sull’inflazione negli Stati Uniti hanno complicato un quadro già poco chiaro, che si protrae ormai da settimane e che presto avrà bisogno di una soluzione. Lo yen ha perso – ampiamente – quota 152, ritenuta da tempo la soglia oltre la quale sarebbero intervenute congiuntamente tanto Bank of Japan quanto il Ministero delle Finanze. La soglia è stata superata, ampiamente, subito dopo la pubblicazione dei dati che hanno visto l’inflazione USA peggiore di aspettative che già non erano delle migliori, e che dunque hanno indicato ai mercati la concreta possibilità che non ci siano tagli neanche a giugno.

Una questione da manuale di macroeconomia del primo anno di università: mentre permangono dubbi concreti sulle prossime mosse di Bank of Japan in termini di tassi, la persistenza di tassi alti a Washington non può che rafforzare il dollaro, cosa che è puntualmente avvenuta nel pomeriggio di ieri non solo nei confronti dello yen, ma anche nei confronti di tutte le principali valute quotate sulle piazze internazionali.

Il problema più grande è di Tokyo, ma – se ci permettete un gioco di parole – non è soltanto Tokyo ad avere un problema. Cosa che è testimoniata dal cambio fissato da Pechino – all’interno dei suoi confini – in maniera da tutelare ancora una volta il valore dello yuan, anche questa divisa in difficoltà a causa di un dollaro forte in modo inaspettato.

L’inflazione USA è un problema anche per le altre economie

Quando l’intervento delle autorità monetarie giapponesi?

I mercati sono in attesa di un intervento di BoJ, che non è chiaro se arriverà dopo i colloqui tra Biden e Kishida, che si trova appunto a Washington anche per discutere di questioni di geopolitica che sono forse più pressanti di quelle che riguardano il mercato del Forex. Una situazione complessivamente difficile da risolvere e sulla quale i mercati non hanno ancora preso una decisione, nonostante si tratti di qualcosa di cui si parla, anche tra le autorità, da tempo.

Quanto era stato paventato nei giorni scorsi, ovvero un pronto intervento delle autorità monetarie una volta superata la soglia di 152, con lo yen mai così debole da più di 30 anni – per ora non si è verificato. E c’è chi inizia a dubitare anche di quanto affermato da Ueda, in termini di stabilità delle decisioni sui tassi di interesse. La vera domanda che tutti hanno ora paura di fare è se BoJ sarà spinta verso un aumento dei tassi a sorpresa e prima del previsto proprio a sostegno di JPY.

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