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Martedì l’inflazione USA | Previsioni con miglioramenti scarsi

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Martedì 12 marzo sarà il gran giorno dei dati sull’inflazione USA, dati mai importanti come ora dato che offriranno un punto di vista privilegiato sulle possibili prossime decisioni di politica monetaria di Federal Reserve. Questo dopo una settimana che ha visto Jerome Powell ammorbidire solo in parte le proprie posizioni davanti al Congresso e al Senato. Le aspettative non sono però molto positive. Il consenso è intorno a una crescita dell’inflazione dello 0,4% su base mensile, soltanto in lieve ribasso rispetto allo +0,3% del mese precedente.

Con una lettura della CPI di questo tipo uscirebbe fortemente rinforzata la posizione di chi immagina una Federal Reserve prudente nell’indicare la possibilità di tagli a breve. Cosa che i mercati hanno già prezzato però da tempo: i dati che arrivano dal Fed Watchtool indicano la certezza o quasi da parte dei mercati di nessun taglio a marzo e con possibilità invero assai flebili di vedere tagli già a maggio.

Martedì i dati sull’inflazione USA: ecco cosa c’è da aspettarsi

Il gran giorno per tutti gli investitori sul mercato del Forex sarà martedì, quando nel primissimo pomeriggio arriveranno i dati sull’inflazione negli Stati Uniti d’America. Le aspettative sono per un’inflazione allo 0,3% su base mensile, al 3,1% (e quindi invariata rispetto al mese precedente) mese su mese e con una Core – che è quella guardata con maggiore interesse tanto da Federal Reserve quanto invece dai principali analisti, che passerebbe dal 3,9% del mese precedente alle attese di un più modesto +3,7% anno su anno. Una lettura che, se confermata dai dati, rinforzerebbe una tesi già ampiamente maggioritaria, che è quella di un’inflazione sticky, persistente, che dunque non permetterà a Federal Reserve di intraprendere un percorso di tagli nel breve periodo.

I mercati d’altronde sono molto poco persuasi del fatto che potrebbero esserci dei tagli già a marzo, ipotesi prezzata al 4%. Situazione soltanto parzialmente più aperta invece per quello che sarà l’appuntamento del FOMC di maggio: qui i mercati prezzano complessivamente la possibilità di un taglio al 24%, in caduta libera rispetto al 52% che era prezzato soltanto 1 mese fa.

L’appuntamento di metà giugno del FOMC è il primo a vedere la maggioranza delle aspettative per uno o due tagli, con la possibilità che anche a giugno si rimanga a 525-550 punti base che è soltanto al 26,6%. Una situazione complessiva che sarebbe confermata se le aspettative degli analisti riportate sopra venissero confermate dal dato reale.

Le aspettative prezzate per giugno – CME Fed Watchtool

E la crisi?

I segnali di crisi ancora non ci sono, per quanto l’esercito dei doomer che cercano di intravedere crepe nell’economia sia sempre più folto. Il mercato del lavoro si sta progressivamente raffreddando, per quanto in realtà ancora nell’alveo di un’economia sana e che potrebbe continuare a crescere. L’incognita, su questo aspetto specifico, è di portata ridotta. Lo stress sulle banche locali per un’altra stagione di tassi molto elevati, almeno rispetto a quelli degli ultimi anni, è uno dei motivi di massima preoccupazione, per quanto in realtà l’unica banca che sembrerebbe scricchiolare, New York Bancorp, sia in difficoltà per un’eccessiva esposizione verso il settore immobiliare commerciale e non per problemi strettamente correlati ai tassi.

Nel complesso un dato sull’inflazione alto e sticky potrebbe rinforzare un dollaro che arriva da due settimane in rosso almeno rispetto all’euro. Sarà sufficiente per invertire un trend negativo per il greenback? Risponderanno direttamente i mercati, a partire da martedì, all’apertura di una sessione americana mai così attesa da inizio 2024. È attesa volatilità, probabilmente in entrambe le direzioni. È questo l’arcano che terrà impegnati pensieri e azioni dei trader, dai grandi allocatori fino ai piccoli trader retail.

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