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Mercati di fuoco: pagano le valute emergenti. Dollaro unico porto sicuro per preoccupazioni di guerra

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I mercati in modalità risk off fanno l’unica cosa che sono capaci di fare in queste circostanze: puntare sui porti sicuri (ormai rappresentati solo dal dollaro o quasi) e affossa le valute emergenti, in quella che è stata una chiusura di settimana una volta tanto non condizionata dai dati ma da paure che arrivano dal mondo reale, fatto di cannoni, soldati, missili e caccia da combattimento. Sono state ore molto convulse, che hanno però confermato quella che è una certezza che ormai matura da tempo e che ha preso maggiore forza in apertura di 2024: Washington continua a essere il punto di riferimento monetario su scala globale e il complicarsi della situazione, tanto sul piano dell’inflazione quanto su quello geopolitico, la vede emergere di nuovo come centro nevralgico dei mercati.

È stata una giornata di dollaro forte quella di ieri, con DXY che si è confermato sopra i 106, dopo averli guadagnati in prossimità delle borse europee e che li ha poi mantenuti in una seduta di Wall Street letteralmente da incubo per il rafforzarsi di voci che vorrebbero l’Iran pronto all’attacco di Israele, questa volta frontalmente e con la possibilità di allargare il conflitto a livello regionale e coinvolgere più direttamente le potenze occidentali, USA in primis.

Il dollaro si conferma porto sicuro

Il dollaro conferma il suo status di porto sicuro

Un tempo quello dei porti sicuri in termini monetari era un insieme relativamente affollato, che vedeva partecipare al più nobile dei consessi delle valute quantomeno anche lo yen giapponese e il franco svizzero. Per il primo il periodo è quello che è: nonostante le promesse di pronto intervento da parte di Bank of Japan rimane ampiamente sopra i 153 e – al contrario di quanto avvenuto storicamente e anche per l’inizio della guerra in Israele e nella Striscia di Gaza – non ha avuto alcun tipo di reazione al diffondersi di certe notizie.

Stesso discorso sul fronte euro, condannato ad una debolezza strutturale dalla convinzione che dalle parti di BCE ci si muoverà in anticipo con i tagli rispetto a Federal Reserve, una mossa che sarà dettata da condizioni macro ben peggiori di quelle che invece ci sono negli USA.

In un contesto del genere la forza del dollaro USA non può che uscirne rafforzata, nonostante per l’appunto abbiano sofferto – e parecchio – proprio le borse USA al diffondersi delle pessime notizie che arrivano dal Medio Oriente.

In difficoltà le valute emergenti

Pessime notizie dal fronte valute “emergenti”

Pessime notizie anche da quelle che vengono considerate le criptovalute delle economie emergenti. L’indice MSCI che raccoglie l’andamento di questo comparto non era mai stato così in basso dallo scorso 15 gennaio, pagando ancora una volta le notizie che arrivano da Israele e anche dal fronte ucraino. A pagare il prezzo più alto è infatti il fiorino ungherese, valuta almeno politicamente più coinvolta di altre su questo ultimo fronte.

Si complica dunque ulteriormente il quadro che andiamo descrivendo su queste pagine da tempo, che vede un dollaro forte sempre maggiore fonte di preoccupazione per chi avrà meno libertà di tenere le linee su politiche monetarie dure.

Del nucleo di venti o poco più valute che fanno parte di questo gruppo, perdono praticamente tutte, segno di crescenti preoccupazioni che poggiano su ulteriori tensioni che si sono sviluppate tutte nel corso di questo 2024.

Chi aspetta il ritorno ad un Forex fondamentalmente noioso, piatto e privo di emozioni, dovrà attendere ancora (e probabilmente invano) per qualche altra settimana. E dovrà al contempo cercare di proteggersi da altri shock esogeni che potrebbero colpire i mercati finanziari.

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