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Nuova ricerca tedesca: cambiamento climatico può costare $38 triliardi all’anno entro il 2050

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Mettere un prezzo sul cambiamento climatico non è una sfida semplice, ma è quello che ha provato a fare -con risultati piuttosto sconvolgenti- una nuova ricerca tedesca. Secondo l’Istituto per la Ricerca sull’Impatto del Cambiamento Climatico di Potsdam, gli squilibri climatici mondiali potrebbero arrivare a costare $38 triliardi all’anno entro il 2050. Questa pubblicazione, che ha cercato di tenere conto quantomeno di tutti gli effetti macroscopici del cambiamento climatico, si sofferma sia sui danni diretti che sulla perdita di produttività mondiale. Il costo effettivo del riscaldamento globale è ancora una fonte di acceso dibattito all’interno della comunità scientifica e tra gli economisti, ma la nuova ricerca condotta a Potsdam aiuta a fare luce su alcuni aspetti.

Un lato particolarmente interessante di questa ricerca è il fatto di avere usato l’aumento della temperatura mondiale come variabile, calcolando i costi necessari per far fronte al cambiamento climatico in base a diversi modelli. In alcuni modelli sono state utilizzate delle proiezioni più ottimiste sull’aumento della temperatura, in linea con l’accordo di Parigi, mentre in altri casi sono state usate delle stime più pessimiste basate su aumenti superiori. Questo aiuta anche a visualizzare quanto grande sia l’impatto di un singolo grado di temperatura media in più sui costi complessivi che il mondo dovrà sostenere.

La ricerca non ha tenuto conto di tutti gli effetti previsti

Fondamentale l’obiettivo dei 2 °C

Secondo quanto osservato dallo studio, costerebbe circa $6 triliardi fare gli investimenti necessari per mantenere la temperatura media del mondo al di sotto della soglia stabilita dall’accordo di Parigi. Nello storico accordo del 2014, le Nazioni Unite hanno firmato un impegno per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C rispetto all’era pre-industriale. Se questi investimenti non dovessero essere fatti, costerebbe circa 6 volte di più riparare ai danni che il riscaldamento globale causerebbe nel frattempo. Al ritmo attuale a cui sta avanzando il riscaldamento globale, secondo le proiezioni dell’istituto tedesco, entro il 2050 il riscaldamento globale potrebbe essere colpevole per la perdita del 17% del PIL a livello mondiale. La situazione andrebbe poi peggiorando, con l’aumento della quantità di gas serra nell’atmosfera.

Lo studio cerca essenzialmente di sottolineare come proteggere il clima sia più conveniente rispetto al pagarne le conseguenze. Allo stesso tempo evidenzia come alcuni paesi trarrebbero vantaggio dal cambiamento climatico, esattamente come invece ce ne sarebbero altri che ne pagherebbero le conseguenze. Questo è un tema purtroppo ricorrente: l’incentivo ad abbassare le emissioni non è uguale per tutti, ma senza un impegno globale risulta impossibile risolvere il problema. Attualmente, secondo i dati tedeschi, il mondo sta comunque spendendo troppo poco sia sulla prevenzione delle emissioni che sull’adattamento agli effetti del cambiamento climatico.

Alluvioni e inondazioni, ma anche siccità e carestie, sono tra i principali problemi -sociali ed economici- del cambiamento climatico

I costi potrebbero essere più alti

Per quanto $36 triliardi all’anno possano sembrare una cifra esagerata per l’impatto del cambiamento climatico entro il 2050, lo studio in realtà si è concentrato esclusivamente su alcune variabili: precipitazioni e siccità in primis. I danni stimati sono quindi legati soprattutto al combattere gli incendi, alla perdita di aree coltivabili, alla perdita di raccolti e alla perdita di produttività delle imprese. Non sono stati considerati altri dati molto importanti, come gli eventi estremi e i danni che provocano. Considerato che nel 2023 gli Stati Uniti hanno registrato il loro record di danni provocati dal cambiamento climatico, la maggior parte dei quali legati ad alluvioni ed eventi climatici estremi, la stima fatta dall’istituto di Potsdam potrebbe persino rivelarsi conservativa. Inoltre non sono stati considerati i danni dovuti a un fattore che spaventa la comunità medica: l’aumento della diffusione delle malattie tropicali come la malaria, la febbre gialla e la zika.

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