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Meno valuta estera, più oro: il piano dei paesi africani

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Quando il vento della geopolitica soffia minaccioso, non c’è porto più sicuro dell’oro. È uno dei vecchi adagi della finanza internazionale, è parte del catalogo di scelte di buon senso anche dei piccoli risparmiatori, ed è ormai il mantra di tante tesorerie statali. Non solo Cina e India, che continuano a accumulare metalli preziosi, ma anche, secondo una recente indagine di Bloomberg, diversi stati africani. È il caso di Sudan del Sud, Nigeria e anche Zimbabwe solo per citare i casi più evidenti, all’interno di un trend più generalmente rialzista quando si parla di riserve in oro delle banche centrali.

Un trend che avrebbe motivazioni quasi esclusivamente politiche e che continuerà ad averne anche quando, a bocce ferme, si dovrà necessariamente tornare a parlare di quanto avvenuto durante gli ultimi conflitti, che hanno visto quella che diversi analisti hanno chiamato militarizzazione del dollaro. Tra paure dunque di sequestri (o di incertezza di accesso a circuiti come SWIFT) alle turbolenze geopolitiche più generiche, l’oro si gode un 2024 da protagonista assoluto, con i prezzi che continuano a gravitare nell’orbita dei massimi storici.

Diversificazione ma non solo

Dietro la scelta di diverse banche centrali africane c’è innanzitutto una necessità di diversificazione. Le riserve in valuta straniera non bastano più, soprattutto in un periodo di turbolenza massima sia a livello geopolitico, sia purtroppo a livello finanziario. Accumulare dollari e debito USA per avere delle riserve solide da liquidare alla bisogna rimarrà soltanto parte della strategia delle banche centrali potenzialmente più avvedute. E da qui invece la nascita del nuovo trend: comprare oro, a qualunque prezzo – e iniziare a costruire riserve auree che o erano completamente inesistenti, oppure quasi definitivamente depauperate. È il caso di diverse banche centrali anche periferiche, di paesi come Nigeria e Sudan del Sud e – in una combinazione più unica che rara, anche dello Zimbabwe, che quelle riserve le sta utilizzando per sostenere il valore di ZiG, nuova valuta legata appunto ad un paniere di commodities.

Scelta saggia? Parlerà il tempo: per ora l’oro piace a tanti, quasi a tutti, e oltre ai bilanci delle banche centrali a dimostrarlo ci sono i prezzi sui mercati, mai così alti, per quanto comunque andrebbero forse normalizzati all’andamento dell’inflazione.

C’è poi la questione, non irrilevante, degli interessi. L’oro non paga cedole, mentre il debito USA ne paga (e ne ha pagati nel corso degli ultimi mesi di interessanti). E una volta che si tornerà alla normalità, ovvero a rendimenti potenzialmente più contenuto per i titoli di debito USA, l’oro potrebbe farsi addirittura più… appetibile.

Alic Garang conferma

Alic Garang è il governatore della banca centrale del Sudan del Sud e ha recentemente confermato la sua intenzione di aumentare le riserve auree della banca centrale che presiede, seguendo l’esempio – ha affermato la scorsa settimana – dei paesi che ritiene essere più virtuosi.

Non è però – come abbiamo visto sopra – solo in questa decisione. Tante delle economie emergenti dell’Africa stanno utilizzando un piano molto simile, vuoi per ridurre i rischi, vuoi per farsi trovare pronti ad eventuali nuovi shock che arriveranno dalla finanza internazionale.

Shock che finiscono, come sempre, per avere un peso maggiore sulle economie emergenti. Economie emergenti che potrebbero però aver trovato una sorta di quadra anti-shock rifugiandosi in quell’oro che è da sempre il simbolo totale e assoluto di stabilità finanziaria. Simbolo anche di indipendenza: a certe latitudini pesano parecchio aiuti che sono sempre più legati a questioni che gli stati africani ritengono di politica interna e che non dovrebbero essere affare di nessuno, tantomeno di istituzioni come Fondo Monetario Internazionale o Banca Mondiale.

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