News
Per la Cina niente oro, per il quarto mese consecutivo. Mosca insiste
Anche per il mese di agosto la Banca Popolare Cinese – la banca centrale di Pechino – non ha aggiunto oro alle sue riserve. È il quarto mese consecutivo di stop agli acquisti, dopo che per diciotto mesi la Repubblica Popolare aveva continuato ad accumularne. La questione è probabilmente attinente ai prezzi dell’oro, che sono ai massimi, e che stanno limitando la domanda da parte delle banche centrali, per quanto altrove (vedi Mosca) si continui a puntare sull’oro per il rafforzamento delle riserve.
Gli acquisti di oro da parte della banca centrale cinese – durati 18 mesi consecutivi – erano stati utilizzati anche come chiave di lettura del particolare momento economico e geopolitico che si è sviluppato nel corso degli ultimi 2 anni. In diversi avevano interpretato infatti gli acquisti della Cina come una volontà di ridurre esposizione (e dunque dipendenza) dai bond USA e in ultimo dal dollaro. Una lettura che fa spesso da incastro ad una più complessa teoria che vorrebbe la rapida dedollarizzazione dei paesi che non sono perfettamente allineati con Washington.
L’oro corre, la Cina meno
L’oro sta vivendo un anno di grazia, complici anche le importanti tensioni geopolitiche, in questo 2024. Ha più volte superato i suoi massimi e almeno per i mesi scorsi ha potuto continuare a crescere anche in virtù degli acquisti da parte di diverse delle principali banche centrali mondiali.
Il prezzo particolarmente alto, anche in termini assoluti, sembrerebbe però aver spinto al ripensamento le autorità monetarie di Pechino, che per il quarto mese consecutivo hanno deciso di passare la mano e non aggiungere neanche un’oncia d’oro alle comunque importanti riserve auree della Banca Popolare Cinese.
Per chi sposa la teoria della dedollarizzazione senza se, senza ma e da condurre nel modo più rapido possibile, un duro colpo. Per gli altri, ordinaria amministrazione, con decisioni che sembrano essere condizionate più dai prezzi che da ripensamenti di carattere politico.
Mosca fa diversamente
Diversa la situazione a Mosca, dove rispetto al mese precedente gli acquisti d’oro sono aumentati di oltre il 600%, fermandosi comunque su cifre contenute intorno agli 8 miliardi di rubli, circa 80 milioni di euro e che avvicina, per quanto lentamente, Mosca a Parigi e Roma, che la precedono per circa 100 tonnellate.
Dietro la scelta di Mosca ci sarebbero anche questioni di carattere geopolitico, anche relative al sequestro di asset russi da parte del blocco occidentale in seguito all’invasione dell’Ucraina – e ad ulteriori sanzioni, sulla cui efficacia però c’è ormai più di qualche dubbio.
Sono in realtà diversi i paesi che negli ultimi mesi hanno incrementato le loro riserve auree: Cina, per quanto abbia interrotto gli acquisti negli ultimi 4 mesi, India, ma anche Turchia, Polonia.
Se la questione diventerà di interesse geopolitico o meno, sarà una considerazione che però si potrà fare soltanto tra qualche mese. La discussione è anche inquinata da proclami politici – come quelli di una supposta valuta all’interno dei BRICS – che però il momento però sembrerebbero più appartenere alla categoria del wishful thinking che alla seria discussione su ciò che potrà essere. L’oro – comunque – rimarrà al centro di queste narrative e, con ogni probabilità, al centro degli interessi delle banche centrali. Prezzo permettendo.