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Guerra UE-Cina: formaggi italiani rischiano 80 milioni di export
I nuovi dazi sulle auto elettriche cinesi non potevano che innescare una reazione da parte di Pechino, che negli scorsi giorni si è materializzata con indagini su aiuti di stato ai formaggi prodotti in Europa. Una questione che potrebbe avere un impatto non solo sugli export francesi, che sono quelli finiti maggiormente nel mirino, ma anche su quelli italiani, per quanto per valori assoluti molto meno importanti. Si sconta infatti oltre ad una scarsa abitudine cinese al consumo di formaggi anche una difficoltà per i prodotti premium di penetrazione per il mercato. Il conto però è comunque salato, perché in ballo ci sono circa 80 milioni di euro di export da Italia a Cina proprio in questo settore.
Le preoccupazioni sono tali da aver spinto già il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a spendersi per la ricerca di una soluzione. Soluzione che però sarà difficile da trovare – tenendo conto dei ferri corti ai quali si è arrivati tra Bruxelles e Pechino in termini di guerra commerciale. Una guerra commerciale partita con le auto, passata dal cognac e ora temporaneamente terminata sui formaggi.
Rischiano grana, pecorini e prodotti pregiati in generale
A costituire una larga parte degli export italiani di formaggio verso la Cina sono i prodotti più pregiati della nostra filiera, che non senza qualche difficoltà hanno raggiungo per il 2023 la soglia degli 80 milioni di euro di export. Poca roba rispetto ai valori assoluti dell’UE verso la Cina – anche limitandoci ai latticini – ma comunque una cifra in grado di spaventare il settore agroalimentare italiano.
Pechino vuole investigare – in modo speculare a quanto fatto dall’UE rispetto agli EV prodotti nella Repubblica Popolare – sugli aiuti di stato di 20 paesi, in una lista che comprende anche l’Italia. Le indagini puntano a individuare eventuali irregolarità rispetto a quanto imposto dal WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Indagini al 100% di natura politica e che sono ritorsione per quelle lanciate dall’UE, dicono i più cinici, per una guerra commerciale che sembrerebbe essere per ora ancora… all’inizio.
Sul tema è intervenuto Adolfo Urso, ministro delle Imprese del governo italiano, che si è detto però ottimista sulla possibilità di trovare una soluzione negoziale che dovrebbe includere eventualmente, afferma il ministro, tutte le violazioni delle norme imposte dal WTO.
Ritorsioni potrebbero non finire qui
Difficile pensare per il momento che si tratti di ritorsioni finali. In caso di esito negativo delle negoziazioni tra i due blocchi si potrebbe procedere con ulteriori indagini, limitazioni, dazi e reazioni per rapporti commerciali che non sono mai stati tesi come oggi tra Pechino e Bruxelles.
Tensioni commerciali che sono in realtà eco anche di quanto sta avvenendo tra Washington e la Repubblica Popolare Cinese, una situazione di tensione crescente che difficilmente verrà risolta con le prossime elezioni. Le posizioni di entrambi i candidati sono infatti piuttosto dure verso Pechino e verso pratiche che le economie più avanzate ritengono come anti-concorrenziali. Una situazione che complessivamente non potrà essere risolta neanche dall’arrivo eventuale del WTO e dei suoi giudizi.