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Petrolio vola sopra gli 80 dollari al barile. Riserve USA a picco

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È un petrolio pimpante dopo i dati sulle riserve degli USA che dimostrano un calo molto più consistente di quanto preventivato dai mercati. Riserve USA dunque in calo, che storicamente significano una maggiore pressione potenziale di acquisto sul greggio. E a spingere ulteriormente verso un rialzo del greggio sulle piazze internazionali c’è anche un pomeriggio di relativo indebolimento del greenback, con USD che perde circa 3 decimi di punto percentuale nei confronti dell’euro. Un pomeriggio – durante la sessione USA – dunque idilliaco per i long sul petrolio, con WTI che però ha anche ridotto il gap nei confronti del Brent, mai così ridotto da ottobre 2023.

Una situazione temporanea o segno del fatto che il prezzo del greggio potrebbe tornare a ruggire, in una fase di grande incertezza economica, testimoniata anche dall’ultimo report del Fondo Monetario Internazionale? Per ora i movimenti sono dovuti a notizie di breve e che in genere producono effetti che difficilmente si estendono oltre il settimanale.

WTI sopra gli 81 dollari: torna la paura per il prezzo del greggio

Una paura che ha fondamento nel +1,6% che a metà sessione negli USA fanno registrare i futures in scadenza a settembre per il Greggio WTI. Prezzi in rapida salita, per quanto abbiano incontrato almeno nel momento in cui scriviamo una seria resistenza in quota 81$. La crescita è stata spinta dai dati sulle riserve di greggio degli USA, pesantemente in discesa ben oltre le aspettative che si erano formate sui mercati. Per chi non segue questo tipo di dati, il significato è semplice: gli USA hanno utilizzato una quantità di greggio superiore a quello che hanno accumulato nelle loro riserve strategiche, dinamica che rende più prezioso il petrolio sulle piazze internazionali, per quanto storicamente con un respiro assai di breve periodo. Sono quasi 5 milioni i barili che mancano all’appello secondo i dati diffusi da EIA, mentre i mercati si aspettavano una riduzione delle riserve di massimo 900.000 barili. Grande miss da parte degli analisti e dei mercati, che hanno poi dovuto necessariamente portare a importanti scossoni in termini di prezzo del WTI. Ed è proprio il WTI a godersi il momento top, con una riduzione importante del gap di prezzo che lo separa dal Brent, invece più calmo e mansueto proprio per il reach principalmente locale di questo tipo di dati.

Il dollaro debole non aiuta

Anche un dollaro estremamente debole dopo i dati sull’inflazione arrivati dal Regno Unito – e che testimoniano un ulteriore rimbalzo dell’inflazione e dunque un possibile allungamento dei tempi per un taglio ai tassi – non ha aiutato la situazione sul fronte WTI. L’indice del dollaro DXY, che confronta USD contro un paniere costituito dalle principali valute internazionali, è su minimi che non si vedevano da marzo 2023, per una correzione importante dopo una fase comunque di relativa forza che sembrerebbe però essersi interrotta in luglio.

Pesano certamente anche le voci sempre più insistenti di almeno un taglio per settembre e di fino a tre tagli entro la fine del 2024. Questo almeno è quanto sembrerebbero aver prezzato per ora i mercati, in una situazione che rimane data driven, ovvero di massima reattività, anche da parte delle banche centrali, a qualunque tipo di notizia possa avere un impatto sulle decisioni sui tagli.

Sarà ancora un 2024 di passione – e per altri di paura e delirio – sulle principali piazze finanziarie. Piazze che oggi hanno scelto come protagonista proprio il greggio WTI.

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