Petrolio: è scontro duro tra Donald Trump e Kamala Harris

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Le elezioni americane si giocheranno anche sul petrolio. Con una grossa differenza: Donald Trump continua a battere sulla necessità di drill, drill, drill, mentre Kamala Harris continua a evitare, come confermato anche dalle principali associazioni di categoria, il tema. Trattandosi del primo produttore e del primo consumatore di greggio al mondo, con strategie anche federali per condizionarne il prezzo tramite riserve, la questione è di grande interesse anche per chi non voterà e per chi opera sul mercato del greggio.

Sul tema è intervenuto anche Tim Tarpley, di Energy Workforce and Technology Council, uno dei gruppi più rappresentativi dell’intera industria, il quale ha spiegato che con ogni probabilità Harris continuerà ad evitare, per quanto possibile, il tema. E che nel caso di elezione di Harris alla Casa Bianca difficilmente verranno imposte delle norme draconiane, come ad esempio un ban del fracking.

Sul petrolio Donald Trump passa all’attacco

Donald Trump potrebbe avere campo relativamente libero nel settore del petrolio. Il candidato Repubblicano è stato da sempre piuttosto chiaro in campagna elettorale: l’intenzione è quella di favorire l’industria ad ogni livello, favorendo fracking e nuove missioni esplorative, nonché l’attivazione di nuovi siti estrattivi.

Di contro Kamala Harris, che da vice-presidente e anche da membra del Congresso prima è sempre stata vicina al movimento anti-greggio, sembrerebbe essere in difficoltà maggiore sul tema, tanto da evitare di citarlo in pubblico. Una situazione che probabilmente non cambierà a breve, almeno secondo quanto ha riportato Tim Tarpley, che presiede una delle associazioni più importanti del settore.

Non ci sarà alcun colpo di scena, né tantomeno sarà lecito aspettarsi delle dichiarazioni chiarificatrici di un eventuale nuovo corso di Harris: il tema verrà ignorato, e nel caso di elezione si procederà con un’estensione dei piani del governo Biden per favorire auto elettriche e produzione di energia rinnovabile. Un percorso in contrasto almeno in parte con quello che sarebbe il programma full oil di Donald Trump.

Difficile per ora capire che tipo di effetti le elezioni avranno sul mercato

Almeno per quanto riguarda il prezzo del greggio sulle piazze internazionali, che sono condizionate anche da altri fattori – su tutti l’andamento economico globale.

Quel che per il momento sembra chiaro è che puntare sulle azioni del settore estrattivo e petrolifero è un altro di quelli che gli analisti stanno chiamando Trump Trade, ovvero degli investimenti che avranno il loro fiorire migliore nel caso in cui dovesse emergere come vittorioso dalle urne il candidato repubblicano.

I poco più di due mesi di avvicinamento alle elezioni saranno un crescendo di dichiarazioni anche a tema economico che potrebbero avere un impatto anche di breve sui mercati. Nel mentre i mercati si muoveranno agitati anche da questioni più squisitamente macro sui quali né i candidati né i governi in carica possono in realtà granché.

Il greggio sta vivendo un momento di relativa difficoltà anche dall’altro capo del mondo, dove la Cina è ormai diventata la seconda acquirente del greggio russo, superata dall’India – cosa che sta causando importanti squilibri nella bilancia commerciale tra i due paesi.

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