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Petrolio, previsto calo della domanda negli Stati Uniti
Dopo la pubblicazione degli ultimi dati relativi all’attività economica negli Stati Uniti, il rally rialzista del petrolio si è interrotto. L’indice che misura gli ordinativi industriali vede una contrazione, mentre l’indice che misura l’attività economica nel settore dei servizi tocca un minimo trimestrale. Wall Street sembra iniziare a preoccuparsi di una potenziale recessione in arrivo, con conseguente ipotetico calo della domanda di petrolio. Per quanto si tratti ancora di ipotesi e di dati preliminari, le preoccupazioni sono bastate a frenare la corsa del prezzo del barile.
Ora che la preoccupazione per la salute del sistema bancario sembra essere diminuita, si torna a parlare della possibilità che l’economia entri in recessione per via della politica monetaria restrittiva della Federal Reserve. Una preoccupazione che esiste già dalla metà dello scorso anno e che fino a questo momento non si è concretizzata, ma che allo stesso tempo continua a far sorgere dubbi tra gli economisti. Vista l’incertezza, anche dati di minore importanza vengono tenuti in forte considerazione.
Analisti divisi sugli scenari possibili per il petrolio
Dopo che il cartello OPEC+ ha annunciato un forte taglio alla produzione a partire dal prossimo mese, gli economisti hanno iniziato a rivedere le loro stime per il prezzo del petrolio. Da una parte, Goldman Sachs ha rivisto a rialzo le sue previsioni indicando un prezzo di 95-100$ per barile di petrolio Brent entro la fine del 2023; dall’altra parte, Morgan Stanley ha tagliato le sue stime relative al terzo trimestre dell’anno indicando un target di 90$ per barile. Il fatto che ci sia divisione anche nei salotti più importanti della finanza mondiale fa capire quanto la mossa dell’OPEC sia stata difficile da prevedere e da interpretare.
Lo stesso vale per Energy Aspects, con il Capo Analista per il mercato del petrolio, Amrita Sen, che prevede prezzi di 100$ al barile già entro la fine del trimestre in corso. Dall’altra parte Citigroup, invece, sostiene che ci vorrebbe più incertezza prima di arrivare davvero a toccare questa soglia psicologica.
Nel frattempo, diversi economisti confermano che a loro modo di vedere esiste un bilanciamento tra i dati provenienti dall’economia USA e la perdita di slancio del prezzo del petrolio. Rebecca Babin di CIBC Private Wealth, ad esempio, ha esplicitamente supportato questa correlazione aggiungendo che il Brent potrebbe risentire meno della questione per via della forte domanda proveniente dai mercati asiatici. Dopo la riapertura dell’economia cinese, infatti, la domanda locale di petrolio è tornata rapidamente sui livelli pre-pandemia.
Vincitori e sconfitti dei tagli alla produzione
I mercati stanno attraversando i dovuti aggiustamenti legati alla mossa dell’OPEC. Le azioni petrolifere hanno nettamente battuto il mercato nel corso degli ultimi giorni, mentre le compagnie aeree sono ovviamente quelle che hanno sofferto di più questa decisione. Tra i vincitori ci sono indubbiamente anche i produttori di veicoli elettrici, che continuano a guadagnare quote di mercato soprattutto negli USA, in Cina e in Europa.
Nel breve termine, i tagli alla produzione aiutano le nazioni OPEC a guadagnare di più dalle vendite di petrolio. Spingendo più consumatori a scegliere di acquistare un veicolo elettrico, però, nel medio-lungo termine contribuiscono anche a ridurre la domanda di petrolio e potenzialmente potrebbero essere controproducenti per gli stessi paesi esportatori. Circa 1 auto su 7 tra quelle vendute in tutto il mondo, ormai, è elettrica: una proporzione destinata probabilmente ad aumentare con i prezzi più alti del petrolio.