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Petrolio sotto i 70$ per via di dubbi sulla domanda

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Il prezzo del petrolio WTI, questa settimana, si trova per la prima volta sotto i 70$ da luglio a questa parte. Questo sembra essere principalmente il risultato di due fattori: da un lato i dubbi sulla domanda, con molti economisti che iniziano ad anticipare un rallentamento dell’economia americana nella prima parte del 2024; dall’altro il nuovo report sulle scorte di prodotti raffinati pubblicato dalla Energy Industry Association (EIA), che mostra livelli già elevati e ancora in crescita di benzina. Sembra ormai alle spalle il periodo in cui le scorte USA di petrolio greggio e raffinato avevano toccato i minimi del 2023, anche se sono passate solo poche settimane. Per il mercato dei combustibili fossili, la fine di quest’anno si sta dimostrando ricca di sorprese.

I mercati sembrano aver ormai digerito totalmente il taglio alla produzione dell’OPEC+. Nel frattempo il Brasile ha confermato che a gennaio entrerà nel cartello soltanto come membro osservatore, non come membro a tutti gli effetti: la nazione latinoamericana, di cui si è parlato molto in relazione al petrolio nelle ultime settimane, non dovrà quindi partecipare al sistema di allocazione delle quote di produzione a cui sono soggetti gli altri membri dell’organizzazione. Se prima si temeva che l’entrata nell’OPEC potesse causare un taglio all’export del petrolio brasiliano, ora invece si prevede che Brasilia manterrà insieme a Washington il suo ruolo di moderatore del mercato e che continuerà a mantenere a pieno regime le attività estrattive.

Crescono ancora le scorte di benzina

Il report della EIA rilasciato mercoledì sera è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dopo mesi, il prezzo del petrolio ha perso il suo supporto a quota 70$. Nella nuova pubblicazione si legge che le scorte di benzina sono aumentate di 5.4 milioni di barili nell’ultima settimana, addirittura il triplo rispetto alla previsione di 1.8 milioni di barili formulata in precedenza dagli analisti. Si nota invece un trend opposto in relazione al petrolio greggio, con scorte in calo per 4.6 milioni di barili su base settimanale contro un aumento previsto di 1.6 milioni di barili. Malgrado le due cose sembrino compensarsi, per i mercati nel loro insieme la lettura è stata ribassista.

Sembrano esserci anche dei dubbi per quanto riguarda la tenuta dell’economia cinese dopo il downgrade di Moody’s: il rating dei bond governativi è rimasto A1, ma l’outlook è passato da stabile a negativo. Anche se questo non ha un effetto immediato sull’economia cinese o sulla sua domanda di petrolio, fa pensare che nel corso dei prossimi mesi la nazione potrebbe continuare ad affrontare le grandi difficoltà che si sono già manifestate nel 2023 nel mantenere il suo tasso di crescita storico.

Previsto un calo della domanda

I mercati stanno crescentemente prezzando la possibilità di un taglio ai tassi d’interesse della Fed e della BCE già nella prima parte del 2024. Gli analisti sembrano convinti che finalmente l’inflazione tornerà sotto controllo, ma che lungo il percorso bisognerà sacrificare la crescita. Si nota già un calo del traino del mercato del lavoro negli USA, così come sembra che ci siano sempre più probabilità di una recessione dell’Eurozona nei primi mesi del prossimo anno. Questi dubbi alimentano discussioni già intense sulla possibilità che il cartello OPEC+ decida di abbandonare la sua politica di tagli alla produzione nel futuro a breve termine. Lo scenario del petrolio sembra totalmente cambiato nel corso degli ultimi mesi: da un mercato totalmente rialzista si è ora entrati in uno scenario ribassista, confermato dal fatto che l’Arabia Saudita questa settimana abbia tagliato le sue stime sui prezzi del petrolio per gennaio 2024.

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