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Powell non ferma la corsa dei Treasuries, ma sorprende

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Il tema centrale nel mercato obbligazionario delle ultime settimane continua a essere la corsa al rialzo dei rendimenti dei bond governativi americani. I Treasuries a 10 anni mostrano oggi un rendimento prossimo al 5%, che sarebbe stato impensabile solo fino a due anni fa. Bank of America parla addirittura di un evento storico, paragonabile a quello che si è scatenato durante la bolla delle dot-com e alla crisi del ’29. Il tutto perché la Federal Reserve, nella sua riunione di politica monetaria di settembre, non ha aumentato i tassi d’interesse centrali facendo intendere al mercato che i rialzi arriveranno in futuro e che i tassi rimarranno alti più a lungo del previsto.

Dal momento che la Federal Reserve è stata la causa centrale di questo rally dei rendimenti e di questa ondata di vendite sui Treasuries, il discorso di Jerome Powell tenuto nel pomeriggio di giovedì (orario USA) è stato seguito con attenzione da piccoli investitori e grandi hedge funds. Il Presidente della Fed ha dato indicazioni contrastanti su quanto potrebbe avvenire nel corso dei prossimi mesi, continuando con la sua politica di lasciare aperte tutte le strade possibili. Al tempo stesso, però, un’affermazione ha sorpreso i mercati: leggendo tra le righe, è possibile che la Federal Reserve possa rinunciare a ulteriori aumenti dei tassi nei prossimi mesi.

Powell sorprende sull’analisi del mercato del credito

Il Presidente della Federal Reserve ha fatto notare che, con l’aumento dei rendimenti dei Treasuries, il mercato del credito si sta raffreddando. I tassi d’interesse per i mutui a 30 anni sono più alti dei livelli precedenti alla crisi del 2008, spingendo sempre meno potenziali acquirenti a richiedere un mutuo. Lo stesso vale per le imprese, che in diversi settori stanno rallentando gli investimenti per via di quanto sia caro in questo momento prendere in prestito denaro dalle banche. L’affermazione di Powell significa più di quanto sembri, soprattutto se la si analizza in prospettiva al contesto macroeconomico di oggi.

Il motivo per cui la Federal Reserve sta continuando ad alzare i tassi d’interesse da oltre un anno e mezzo è che l’inflazione è ancora troppo alta, e per abbassarla serve appunto un mercato del credito più debole. Meno prestiti implicano meno moneta in circolazione, abbassando la pressione sui prezzi. La Fed sta avendo un lavoro difficile per riuscire a riportare l’inflazione annua al di sotto del 2%, ma l’aumento dei tassi dei bond ha un effetto molto simile: pur senza dover aggiustare i tassi centrali, alza il costo di prendere in prestito denaro con obbligazioni, mutui e prestiti. Molti analisti hanno iniziato a pensare, dopo le ultime dichiarazioni di Powell, che la Fed potrebbe addirittura non alzare più i tassi d’interesse ora che il mercato obbligazionario sta già remando nella stessa direzione della banca centrale.

Il rendimento dei Treasuries a 10 anni nel corso dell’ultimo mese (fonte: TradingView)

Non si escludono nuovi rialzi dei tassi

Bisogna comunque fare attenzione a non farsi prendere eccessivamente dall’entusiasmo: Powell si è fermato ben lontano dall’idea di negare che altri rialzi dei tassi possano arrivare. Il Presidente della Fed ha fatto notare che il mercato del lavoro continua a essere surriscaldato e vicino alla piena occupazione; nel frattempo anche la crescita economica continua a essere elevata, per cui non si esclude la possibilità che le condizioni del credito debbano diventare ancora più difficili per riuscire ad avvicinare nuovamente il tasso d’inflazione al target della banca centrale.

Alla fine, sembra che sui mercati abbia prevalso la linea di chi prevede ancora rialzi dei tassi e tassi elevati per più tempo del previsto. Durante la giornata di scambi di giovedì i rendimenti dei Treasuries si sono alzati ancora, chiudendo la giornata con un rialzo del 1,53% sui bond a 10 anni. Il tutto sta già avendo ripercussioni anche sui mercati internazionali, con spread in aumento per le obbligazioni ritenute più rischiose rispetto a quelle statunitensi.

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