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Regno Unito: economia piatta. Recessione soltanto rimandata?
Il peggio, per il Regno Unito, è già arrivato. Elettroencefalogramma piatto per l’economia di Londra, che fa registrare crescita completamente ferma, dopo aver fatto registrare nel precedente trimestre un rialzo comunque modesto, allo 0,2%. Per quanto si sia ancora tecnicamente distanti dalla recessione, è vero che le preoccupazioni peggiori che anche ieri sono state espresse dal capo di Bank of England hanno già preso forma. Sotto accusa l’inflazione, che secondo Jeremy Hunt rimane il principale indiziato per l’assenza di crescita, in una curiosa analisi offerta ai giornali.
Rimarrà però, a prescindere dalle analisi, da valutare l’effettiva e possibile tenuta da parte dell’economia del Regno Unito, ancora flagellata da un’inflazione molto elevata (e più elevata di quella fatta registrare a Washington), con difficoltà importanti ora anche per Bank of England, il cui spazio di manovra si riduce in modo sensibile.
I dati di Londra che non piacciono: crescita a zero
I dati fanno paura, per quanto le previsioni fossero addirittura peggiori. Londra fa registrare una crescita trimestrale anno su anno dello 0,6%, mentre la vede completamente piatta trimestre su trimestre rispetto al precedente. Un dato marginalmente migliore di quelli, davvero pessimi, dei principali analisti, ma che comunque non rendono il quadro migliore. Londra dovrà cercare di correre ai ripari, e alla svelta, per invertire un trend di forte rallentamento.
Malissimo i servizi, la cui performance è stata però controbilanciata dal settore delle costruzioni, con la manifattura invece perfettamente bilanciata. Il piano, almeno secondo il Cancelliere Jeremy Hunt (il Cancelliere in UK si occupa principalmente di economia), sarà quello di continuare nel modo più duro possibile contro l’inflazione.
C’è però di più che ci viene raccontato dai dati, in particolare se dovessimo guardare al dato mensile di settembre, migliore delle aspettative: c’è stata crescita, per quanto comunque modesta, che però secondo i principali analisti non è un segnale sufficiente per anche soltanto immaginare una sorta di ritorno alla normalità. Per molti, infatti, si tratta soltanto di un problema rinviato alla prossima lettura dei dati, con segnali comunque poco edificanti che arrivano dal settore dei servizi e presto anche da quello della manifattura.
È un problema anche di Bank of England
Bank of England ritiene di essere già in territorio restrittivo, e l’andamento sembrerebbe corroborare questa specifica lettura da parte della massima autorità monetaria di Londra. Tuttavia ci sono anche altre considerazioni da fare: in una situazione del genere, con l’inflazione che morde ancora in modo violento, lo spazio di azione di Bank of England si riduce ulteriormente.
Difficile pensare che, anche nel caso di necessità impellente, si possa procedere con un altro rialzo senza causare guai ben più importanti a un tessuto produttivo già in enorme difficoltà.
I mercati credevano oggettivamente poco già prima alla possibilità di ulteriori restrizioni. Bailey ha confermato poche ore fa, per quanto sia necessaria una perifrasi di quanto ha affermato, che siamo alla fine della corsa. Ora l’incognita rimane la durata del regime restrittivo, un regime che sta facendo già pagare un prezzo molto alto all’economia di Londra. Ricordiamo ai nostri lettori inoltre che secondo Bank of England, più della metà dell’impatto totale del ciclo restrittivo deve ancora colpire l’economia. Se BoE dovesse avere ragione, sarà difficile immaginare un soft landing per l’economia del Regno Unito, che dai dati riportati oggi mostra evidenti difficoltà, per quanto minori di quanto previsto dai principali analisti.
Pessimismo solo rimandato, o presenza di uno stretto pertugio all’interno del quale il Regno Unito potrebbe anche salvare i proverbiali capra e cavoli? Data la situazione anche in termini di economia globale, dubitiamo che la seconda idea, che appare come un sogno oggi, possa trasformarsi in realtà.