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Retailer e grandi brand alla prova del Black Friday. Sarà stagione fiacca
Finiti i soldi, iniziata la festa. Forse non era proprio così che si diceva, ma è il sunto delle aspettative – ottimistiche – del grosso dei retailer negli Stati Uniti d’America. Le difficoltà per la domanda del grande pubblico sono sotto gli occhi di tutti, e proprio in virtù di ciò l’ultimo rifugio degli ottimisti sembra essere il lungo ciclo di vacanze condite da shopping sfrenato, che si apre con il Black Friday, al quale seguirà il Cyber Monday e al quale seguirà, tra poco, il Santo Natale. I retailer, che dovranno certamente fare i conti con una crescita ridotta rispetto a quella dei precedenti anni, sperano di sparare le ultime cartucce proprio in questa fase.
Ci si aspetta una crescita tra novembre e dicembre del 3%, rispetto al 4% dell’anno precedente, segno che in molti starebbero aspettando i prezzi più convenienti di queste ricorrenze per comprare quanto di cui hanno o pensano di avere bisogno. Potrebbe però verificarsi uno scenario alla cinese: durante lo scorso double eleven, le vendite sono sì cresciute, ma principalmente su prodotti più economici.
Le proverbiali nozze con i fichi secchi
Sono diverse le azioni che saranno interessate dai dati che arriveranno a conclusione del primo ciclo di acquisti festivi. Da Walmart, a Amazon, passando per tutti gli altri grandi retailer del mondo online, nonché Apple, Nintendo, Microsoft. Le solite aziende i cui prodotti sono tra i più ambiti dai consumatori di mezzo mondo, con quel mezzo mondo che include anche gli Stati Uniti. Il clima non è dei migliori: nei portafoglio dei consumatori americani, come in quelli degli altri consumatori a spasso per il globo, ci sono meno soldi degli anni precedenti. E nelle teste ci sono maggiori preoccupazioni, in particolare per un futuro economicamente incerto.
Questa combinazione di fattori è il mix perfetto per una stagione del Black Friday e del Cyber Monday lontana dai fasti di un tempo, e c’è già chi mette le mani avanti. Come il CFO di Walmart John David Rainey, che ha parlato a Yahoo Finance di un Black Friday che non è più un “giorno speciale”, ma una sorta di concetto, che ormai si allunga e che dunque finisce per diluire le vendite. Cosa certamente vera, ma che non potrà avere alcun impatto sulle vendite totali del periodo festivo in senso allargato. Vendite sulle quali c’è più di qualche dubbio. E se dovessero essere confermate le previsioni di una crescita al 3%, contro il 4% dell’anno precedente, potremo parlare di successo, oppure no? Sarà uno dei segni del soft landing o uno dei segni della presta disfatta delle economie più sviluppate, con quelle meno sviluppate che se la passano ancora peggio?
Inutile stare col fiato sospeso per le azioni del comparto
Inutile comunque stare con il fiato sospeso per le azioni del comparto retail: i conti si faranno con le prossime trimestrali, che almeno in parte saranno in grado di incorporare i dati delle vendite di questo periodo in genere molto positivo. Saranno forse anche il più importante dei segnali sull’effettivo andamento dell’economia.
Per quanto in molti si affannino, anche in Federal Reserve, a dichiarare il soft landing più che possibile, saranno i numeri a far atterrare l’aeroplano dell’economia, nell’uno o nell’altro senso.
Se dovesse ripetersi la situazione che si è vista in Cina per un periodo di acquisti pazzi ma calendarizzati come per il Black Friday, i consumatori si sposteranno verso prodotti value, disdegnando spese premium per i marchi. E questo, per tanti dei top player del comparto potrebbe significare più di qualche problema sul lato non dei ricavi, ma dei profitti. Staremo a vedere.