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Sam Altman torna CEO di OpenAI. Epopea finisce qui

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Sarà una storia della quale parleremo con ogni probabilità per i prossimi anni. Nel giro di cinque giorni Sam Altman diventa prima ex-CEO e poi torna a essere CEO di OpenAi, forse la più importante delle società attive nello spazio dell’intelligenza artificiale. Un drammatico susseguirsi di eventi che ha visto il personale della società piuttosto compatto nello schierarsi a favore di Altman e contro il board che ne aveva imposto il licenziamento. Licenziamento che, con il senno di poi, si sarebbero forse risparmiati.

L’unica conseguenza permanente di quanto avvenuto è infatti il cambiamento radicale dei membri del board, per una società che avrà un assetto anche in termini di persone coinvolte nelle decisioni più vicino a Sam Altman stesso. Si chiude così una delle vicende che hanno tenuto con il fiato sospeso anche gli investitori in Microsoft, con la società di Redmond che è stata parte attiva dell’intero processo, anche se non è chiaro con quanto potere decisionale effettivo.

Finito il “colpo di mano”

Torna Sam Altman, ma OpenAI non sarà più la stessa

Anche se Sam Altman è tornato alla guida di OpenAI in qualità di CEO, le cose non saranno mai più le stesse nella compagnia che sta guidando la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Il board non sarà più lo stesso, e la sua nuova composizione sarà più vicina ai desiderata di Sam Altman, che torna dalla porta principale e si riprende il suo incarico, forte anche del pieno sostegno dei dipendenti della società, che con percentuali bulgare avevano minacciato dimissioni nel caso in cui non si fosse proceduti con il reintegro di Altman.

Il board sarà ora guidato da Bret Taylor, un tempo in forza a Salesforce in qualità di co-CEO e che aveva avuto anche una relativamente breve liaison con Twitter, prima che il social finisse nelle mani di Elon Musk. A completare il quadro ci sarà anche Larry Summers, che è stato a capo del Tesoro USA durante la presidenza Clinton. Della vecchia guardia rimane invece Adam D’Angelo. Si tratta di un quadro completamente cambiato e – come abbiamo già scritto – molto più fedele al CEO prodigo Sam Altman. Rimane inoltre, come segnala correttamente Bloomberg, ancora aperta la questione composizione finale del board, che dovrà ora nominare fino a 9 direttori. Per quanto riguarda Altman, non dovrebbe far parte del board almeno in questa fase iniziale, cosa che avrebbe fatto parte dell’accordo che ha portato al suo ritorno.

ChatGPT è uno dei prodotti di punta dell’azienda

Un posto nel board anche per Microsoft?

Per quanto l’effettivo impatto di Microsoft all’interno di questa vicenda debba essere ancora valutato, quel che sembra certo ora è che il gruppo di Redmond finirà per accaparrarsi un posto nel board, anche al fine di avere più voce in capitolo. Voce in capitolo che gli era comunque già garantita dal ruolo di maggiore finanziatore dell’azienda.

Per quanto riguarda gli effetti in borsa di questo ennesimo colpo di scena – principalmente per il titolo di Microsoft – con ogni probabilità questi dovranno essere valutati nell’arco delle prossime settimane, dato che questa è la settimana della Festa del Ringraziamento, storicamente contrassegnata da volumi piuttosto bassi e da scarsa vivacità dei mercati.

Si chiude forse nel migliore dei modi però la situazione per Microsoft, per quanto ripetiamo che sarà da valutare quanto abbia rivestito o meno il ruolo di kingmaker in questa assurda vicenda.

Una delle società più interessanti per prospettive di crescita su scala globale ha mostrato al mondo quanto sia importante, oltre ad avere un buon prodotto, risolvere nel più breve tempo possibile problemi di governance. Rimarrà anche da indagare cosa ci fosse di sostanziale e concreto nelle accuse, in realtà assai vaghe, che il vecchio board aveva mosso nei confronti di Sam Altman. Il colpo di mano è comunque – e senza appello – fallito.

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