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Sconquasso USD: il dollaro costringe le banche centrali minori a rivedere i loro piani. Ritardi ovunque?

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La politica monetaria degli Stati Uniti avrà un effetto a cascata anche su piccole e distanti economie come quelle delle Filippine. Questo in particolare nel caso in cui il pivot, il taglio dei tassi, dovesse arrivare con ulteriore ritardo. È questo quanto arriva da Manila, dove in diversi anche ai piani alti della politica monetaria stanno mettendo in dubbio i prossimi tagli ai tassi di interesse, a causa di una debolezza intrinseca del peso locale, che ha chiuso gli scambi contro il dollaro a 59, livello di cambio che però non sembrerebbe aver ancora messo a repentaglio la crescita – su livelli particolarmente alti anche rispetto al resto dei paesi emergenti – delle Filippine stesse.

Stessa musica, almeno per quanto riguarda la crescita, in Cina. I dati sul PIL, in settimana, si sono dimostrati forti e in linea con l’ambizioso obiettivo fissato dal Partito, cosa che ha portato il governatore della banca centrale cinese ad esprimersi con un cauto ottimismo, anche riguardo il futuro di uno yuan in difficoltà come tutte le valute dell’area e come in realtà tutte le divise a livello mondiale, che dovranno necessariamente far fronte a quanto deciderà in completa autonomia Washington.

Inizia un trend che presto potrebbe colpire altre banche centrali

Le politiche di Washington mettono a rischio quelle delle economie emergenti

C’è chi, sia per l’inflazione sia a tutela della propria divisa nazionale, ha già programmato tagli ai tassi di interesse di riferimento per il 2024. Programmi che potrebbero dover aspettare, proprio perché non ci si potrà permettere ulteriore pressione ribassista dovuta al differenziale tra i tassi di interesse propri e quelli dell’area dollaro.

È questo il percorso che potrebbero seguire le Filippine, dove il segretario alle Finanze Ralph Recto ha avvisato, in un messaggio alla nazione, che il previsto percorso di taglio ai tassi potrebbe subire dei rallentamenti. Una previsione che sarebbe resa possibile da due fattori: il primo è la necessità di tutelare il valore di un peso filippino che è ai minimi contro il dollaro e che non può permettersi ulteriori scivoloni. Il secondo è che la crescita attesa per le Filippine è comunque sostenuta, alta e importante (tra il 6% e il 7%) e lo sarà anche nel caso di eventuali rinvii dell’avvio dei tagli ai tassi di interesse.

Una sorta di apertura di una finestra di Overton per abituare il pubblico a periodi di tassi in territorio restrittivo che potrebbero essere ulteriormente prolungati. Qualcosa che – lo anticipiamo – potremmo sentire a breve da altre economie della stessa area geografica.

Aria di ritardo anche a Manila

In Cina un invito alla calma per lo yuan

Altra economia, altra taglia, problemi da un certo angolo simili. Lo yuan sta soffrendo da tempo e la banca centrale cinese sta operando alla ricerca di un equilibrio per tanti impossibile. Manovre spot per tutelare il valore dello yuan, senza che però ci siano ripercussioni sulla crescita economica. Per ora la cosa ha relativamente funzionato, con il governatore Pan Gongsheng che può godersi il più classico dei victory lap, il giro di pista che viene riservato ai vincitori.

I dati sul PIL sono molto incoraggianti e soprattutto in linea con l’obiettivo di crescita del +5% fissato dalle massime autorità politiche del paese, cosa che testimonia che la politica del fare il minimo indispensabile per tutelare il valore dello yuan sta in realtà funzionando.

Per chi è impegnato sui mercati cinesi, la domanda però è un’altra: fino a quando, nel caso in cui Washington dovesse confermare una politica monetaria che sarà high for longer, ovvero con tassi alti più a lungo di quanto previsto. Le tensioni sui mercati internazionali e del Forex continuano. E dipenderà, ancora una volta, tutto da Washington.

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