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Shell contro il tribunale olandese: chiesto appello contro obbligo sul taglio delle emissioni inquinanti
Shell continua la sua battaglia contro il taglio delle emissioni, di cui ormai è diventata un simbolo. Il colosso olandese dei combustibili fossili ha già fatto parlare di sé per molte decisioni dei suoi ultimi mesi, da quando la guida dell’azienda è passata al nuovo CEO Wael Sawan. Tra queste ci sono il taglio ai dipendenti nella divisione legata alla sostenibilità, l’addio ai progetti eolici negli Stati Uniti e la vendita della sua joint venture legata allo sviluppo di energia eolica. Sawan ha promesso agli investitori che avrebbe messo il ritorno economico degli azionisti in cima all’elenco delle priorità, e per farlo sta tagliando su tutti gli investimenti che hanno un margine inferiore a quello dei pozzi petroliferi e di gas naturale.
Oggi è arrivata una nuova notizia coerente con le decisioni degli ultimi mesi: Shell ha deciso di appellarsi contro una sentenza storica, quella di un tribunale olandese che nel 2021 aveva ordinato all’azienda di ridurre le sue emissioni inquinanti del 45% entro il 2030. Sawan e i suoi manager non ci stanno: secondo Shell non ci sarebbero le basi legali per un provvedimento del genere e addirittura l’azienda ritiene che questo non aiuterebbe in alcun modo a migliorare l’impatto del comparto sul cambiamento climatico. Anche se l’azienda nel 2022 ha rimosso “Royal Dutch” dal suo nome, lasciando esclusivamente Shell, il gruppo ha comunque sede a L’Aia e rimane sotto una forte influenza delle decisioni olandesi.
Shell pronta alla battaglia legale contro il taglio delle emissioni
La sentenza del 2021 ordinava a Shell di tagliare, entro la fine di questo decennio, non soltanto il 45% delle emissioni direttamente prodotte dall’azienda ma anche di quelle prodotte dai clienti attraverso la combustione di gas e petrolio. Teoricamente Shell rimane ancorata all’obiettivo di raggiungere il net zero entro il 2050, per cui la sentenza del tribunale avrebbe semplicemente dovuto rimarcare un obiettivo intermedio già nel mirino dell’azienda. Per questo la decisione di appellarsi ha causato una certa sorpresa: ora gli analisti sospettano che probabilmente Shell ritratterà anche sull’obiettivo del net zero entro il 2050.
Secondo Shell non sussistono sufficienti basi legali per questo ordine. Inoltre l’azienda fa sapere che ridurre la sua esposizione ai combustibili fossili avrebbe il solo effetto di dirottare i clienti verso altri fornitori, non aiutando a raggiungere gli obiettivi climatici olandesi in un tempo più breve. Inoltre l’azienda lamenta il fatto che smetterebbe di essere competitiva sul mercato dell’energia, il che implicherebbe licenziamenti e problemi per gli azionisti. Il gruppo ambientalista Earth Netherlands, che aveva portato avanti la battaglia legale da cui era nata la sentenza del 2021, ribatte che la domanda di petrolio è il risultato stesso dell’abbondante offerta da parte di Shell e delle altre multinazionali dei combustibili fossili.
Addio agli obiettivi 2030 e 2035
Gli avvocati di Shell hanno cercato di addolcire la pillola ricordando che la società rimane fortemente coinvolta nel suo obiettivo di raggiungere la totale neutralità climatica entro il 2050. Un obiettivo che sembra però piuttosto irrealistico, considerando che il mese scorso la società ha annunciato un significativo abbassamento degli obiettivi 2030 e ha completamente eliminato quelli per il 2035. Inoltre verrà utilizzato un metodo di calcolo diverso per stimare l’impatto aziendale del gruppo: le iniziative legate alla produzione di energia rinnovabile, ad esempio, andranno a compensare parzialmente le emissioni prodotte dai combustibili fossili. Di conseguenza Shell potrebbe aumentare la sua produzione di petrolio e gas naturale, compensando con altre iniziative; gli ambientalisti vorrebbero invece un graduale ritiro dal momento dei combustibili fossili, visti come totalmente incompatibili con il net zero.