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La vittoria di Donald Trump pietra tombale sulle CBDC: allarme di Bloomberg

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L’allarme arriva dalle colonne di Bloomberg, con il popolare giornale statunitense che ha raccolto le opinioni di diversi specialisti sul tema dei temi, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, per quanto con esiti possibilmente agli antipodi. Si torna a parlare di Dollaro digitale, per quella che sarebbe un’evoluzione radicale del modo in cui vengono gestite le valute. La Cina è già partita, l’Europa – o meglio l’area euro – è già a buon punto – mentre negli USA, soprattutto se le cose dovessero andare come tutti si aspettano, si potrebbe divergere in modo significativo.

L’accesa campagna elettorale ha già toccato il tema del dollaro digitale, che almeno una parte di America vede come fumo negli occhi e con il candidato presidenziale di area repubblicana Donald Trump che ha più volte promesso di impedire che si proceda in tal senso. Un tema tanto politico quanto finanziario, che potrebbe spaccare il mondo almeno in tre blocchi: chi ha già iniziato, come la Repubblica Popolare Cinese, chi seguirà, come l’Area Euro e chi invece potrebbe puntare i piedi, come Washington. Una presa di posizione che attraversa anche questioni relative a Bitcoin e crypto e che da qui a novembre sarà uno dei temi più caldi.

Il dollaro digitale salterà a causa di Donald Trump

È questo il giudizio, secco e sintetico, che arriva dalle colonne di Bloomberg, a firma di María Paula Mijares Torres. Il candidato presidente di area repubblicana ha già comunicato più volte, e pubblicamente, la sua volontà di opporsi a qualunque progetto di dollaro digitale. Bisogna però tornare parecchio indietro per capire quanto diverse siano le cose dalle parti di Washington rispetto invece a quanto accade dalle parti di Francoforte e di Pechino.

Jerome Powell di Federal Reserve ha detto a chiare lettere che Fed non ha alcun potere in merito e che per procedere avrà bisogno di un chiaro mandato da parte del Congresso. Mandato che per ora manca e la cui possibile venuta nel mondo sembrerebbe essere fuori discussione, in particolare se dalle prossime elezioni dovesse emergere come vincitore Donald Trump. Sul tema, in senso opposto, si sono espressi diversi specialisti.

Da Henri Arslanian dell’Università di Hong Kong, che indica la Cina come cinque o sei anni avanti sul tema, passando poi per Vincent Gusdorf di Moody’s a Parigi, che ha sminuito le preoccupazioni relative alla privacy e ha indicato nelle CBDC uno dei possibili canali, forse il migliore, per superare le difficoltà e le lentezze dei pagamenti internazionali.

La verità è che dal dollaro digitale dipende tutto il resto

La verità, non sottaciuta nel pezzo di Mijares Torres, è che la possibilità di implementare con successo un nuovo sistema economico-monetario basato sulle valute digitali e forse tokenizzate dipenderà in larga parte da Washington. O meglio, senza il dollaro digitale sarà molto difficile pensare a un sistema globale nel quale le valute digitali potranno comunicare e soppiantare l’attuale sistema.

Se ne riparlerà, forse, tra quattro anni, almeno nel caso in cui dovesse appunto vincere Donald Trump. E la sconfitta in quel caso non sarebbe soltanto di Joe Biden (o di chi lo sostituirà), ma anche delle velleità – forti e radicate anche in Europa – di riscrivere il modo in cui si utilizza il denaro. Perché se dovesse esserci un muro a Washington, l’intero apparato delle CBDC rimarrebbe confinato a economie sì importanti, ma che non potranno rivendicare alcun tipo di funzionamento globale per i loro nuovi sistemi.

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