News
Tassi di interesse per CAD e AUD. Settimana densa per il Forex
La settimana dei mercati monetari si aprirà con una giornata piuttosto tranquilla, data la chiusura della giornata di lunedì delle piazze americane per il Labor Day. Per il resto sarà una settimana interessante perché vedrà diverse decisioni di grandi banche centrali sui tassi di interesse, questioni che in questa fase potranno avere un impatto deciso sulle valute coinvolte.
Si parte martedì con la decisione sui tassi di interesse di RBA – la Reserve Bank of Australia – quando in Italia saranno le 06:30 del mattino. Mercoledì sarà poi il momento delle decisioni sui tassi per Bank of Canada. Le aspettative dei mercati e degli analisti puntano ad un nulla di fatto, con le banche centrali che cominciano a temere che qualcosa – parafrasando gli interventi di diversi governatori – si sia rotto o si stia per rompere. Che si tratti di una pausa o di una stop prolungato, i tassi rimarranno il fattore dominante in un mercato Forex in attesa di dati importanti anche per quanto riguarda gli Stati Uniti e di conseguenza il Dollaro Statunitense.
Pochi dubbi in Canada e in Australia: sarà uno stop ai rialzi dei tassi
Chi si aspettava fuoco e fiamme sarà costretto ad aspettare, forse, il prossimo giro di decisioni, almeno in Canada e in Australia. Entrambe le banche centrali saranno chiamate ad esprimersi riguardo i tassi di interesse di riferimento vigenti e, con ogni probabilità e con un consenso quasi unanime da parte degli analisti, non ci saranno rialzi. Una decisione che tra le altre cose dovrebbe anticipare anche quella del FOMC di Federal Reserve di settembre, per il quale ci si aspetta comunque uno stop ai rialzi, salvo poi rimandare le decisioni irrevocabili alla successiva riunione.
Pesano dati che arrivano dal mercato del lavoro che – seppur in misura minore rispetto ai desiderata di Jerome Powell di Federal Reserve e degli altri governatori – sta finalmente dando segnali di raffreddamento.
Il timore che governa trader, investitori e gestori è che le misure intraprese dalle banche centrali siano già sufficienti per riportare, in tempi ragionevoli, l’inflazione intorno al target del 2% e che ulteriori rialzi dei tassi di interesse rendano impossibile il soft landing delle economie di riferimento, senza comunque aiutare granché nella lotta all’inflazione.
Preoccupazioni lecite, come è stato ricordato anche a più riprese da Jerome Powell – che però ha ammesso al tempo stesso di non avere un termometro adatto per valutare a che punto ci si potrebbe trovare di questo processo.
Aria diversa a Francoforte?
Sarà anche una settimana che vedrà Christine Lagarde parlare più volte con i media, anche se con ogni probabilità ci saranno pochi scostamenti dal diktat di Francoforte: combattere l’inflazione è più importante di qualunque altra questione.
E pazienza se politici e giornali sbraitano perché ulteriori rialzi ai tassi avranno un effetto compressivo su un’economia – a partire dal traino tedesco – che non se la sta passando granché bene.
Christine Lagarde, che per molti è arrivata colpevolmente in ritardo sull’inflazione, si trova ora a fare le proverbiali nozze con i fichi secchi, con le pressioni politiche nei confronti della Banca Centrale Europea che continueranno a montare, in particolare per la pessima situazione prevista per l’economia nazionale di riferimento.
Tra chi sogghigna perché i falchi potrebbero morire di falchismo e chi è sinceramente preoccupato per la possibile recessione, Christine Lagarde proverà a tenere il timone saldo verso la destinazione, quella del target al 2%.
Non sarà un ruolo facile – e non è detto che nel caso di problemi più articolati e profondi per le economie europee, non si inizi a suonare il tamburo degli attendisti, per quanto Lagarde si sia mostrata in pubblico più che decisa a combattere l’inflazione costi quel che costi.