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UE, c’è accordo su regole meno rigide per il debito pubblico

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I negoziatori degli Stati dell’Unione Europea hanno raggiunto un importante accordo che potrebbe modificare in modo sostanziale il modo in cui viene gestito il debito pubblico. Anche se l’accordo deve ancora essere ratificato dal Parlamento, l’intesa preliminare sembra garantire che in aula le cose andranno per il verso giusto fin dal primo momento. Si tratta di nuove regole sul modo in cui dovrà essere gestito il rapporto deficit/PIL e riguardano da vicino soprattutto i paesi più indebitati come il nostro. Questo avrà un impatto molto diretto anche sulla quantità di bond governativi che il Tesoro delle diverse nazioni potrà emettere per sostenere la propria economia.

Fino a questo momento l’Unione Europea è sempre stata in prima linea per bacchettare i governi che cercavano di spingere troppo in là la spesa pubblica, favorendo piuttosto un basso livello di indebitamento e misure di austerity per i paesi più “spendaccioni”. L’accordo di oggi non segna certamente alcun tipo di inversione di marcia, ma permetterà di finanziare maggiormente le iniziative private per fare in modo che l’Unione Europea torni a essere competitiva in mercati chiave per le sfide tecnologiche del presente e del futuro. Si guarda soprattutto alla transizione energetica, su cui Bruxelles vorrebbe accelerare ma che spesso viene frenata dall’impossibilità di alcuni paesi di investire di più in energia rinnovabile.

La Francia è stata tra le nazioni che hanno voluto di più questa misura

Arriva la nuova intesa a Bruxelles

Guardando nel dettaglio le misure previste dall’accordo, si tratta essenzialmente di termini più lunghi per rientrare nelle linee guida di debito pubblico accettate dall’UE e di una maggiore elasticità nella gestione del rapporto deficit/PIL. Si tratta di una revisione del patto di stabilità che i paesi europei hanno firmato oltre due decenni fa, e che da quel momento ha segnato il modo di gestire le finanze pubbliche dei paesi membri. Valdis Dombrovskis, vice-presidente della Commissione Europea, sottolinea come questo nuovo accordo arrivi in un momento in cui l’UE necessita di grandi investimenti: nuove politiche per la difesa, per la promozione delle industrie locali e per la transizione energetica fanno sì che i paesi abbiano bisogno di poter attingere a fonti di finanziamento maggiori.

I paesi più indebitati, cioè quelli dove il debito pubblico supera il 90% del PIL -tra i pochi dei quali figura l’Italia- avranno la possibilità di abbassare il debito pubblico del 1% all’anno. Quelli mediamente indebitati, cioè con rapporto deficit/PIL tra il 60% e il 90%, potranno limitarsi a un ritmo dello 0,50% all’anno. Inoltre i governi che stanno aumentando il rapporto deficit/PIL di oltre il 3% per anno dovranno dimezzare questo ritmo per stare al di sotto del 1,50% all’anno, per lo meno durante i periodi di crescita economica, in modo da poter contare su una maggiore quantità di risorse a disposizione da poter investire nei periodi di recessione. Molto interessante notare anche che in risposta all’invasione dell’Ucraina, l’UE potrà selettivamente decidere di non tenere conto, del tutto o in parte, delle spese per la difesa nel calcolo del rapporto deficit/PIL.

Il rapporto deficit/PIL in Italia – Fonte dati: Istat

Che cosa cambia per l’Italia

L’Italia è uno degli Stati più indebitati d’Europa e del mondo, cosa che ha portato l’Unione Europea ha introdurre dei paletti molto stringenti sulle misure di riduzione del deficit pubblico. Attualmente le linee guida europee stabiliscono che, in un periodo di 4 anni dalla fine della pandemia, il governo italiano debba assicurarsi di ridurre il debito pubblico del 4% all’anno. Una misura che taglia le gambe a qualsiasi forma di investimento, anche se volta a garantire la stabilità del debito pubblico. Di fronte al mutamento delle priorità europee, però, Bruxelles ritiene che in questo momento sia meglio favorire gli investimenti; da 4 anni si passa a 7 anni prima di dover passare a questo regime di maggiore austerità, ma nel frattempo il governo è comunque tenuto a non far lievitare ulteriormente il rapporto tra debito e PIL.

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