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UK, l’asta annuale per gli appalti eolici va deserta
Il Ministero della Sicurezza Energetica e del Net Zero del Regno Unito si trova a fare un’imbarazzante ammissione: l’ultima asta del governo per aggiudicare un grande appalto di energia eolica è andata deserta. I risultati sono stati pubblicati nelle prime ore di venerdì mattina e hanno subito fatto riflettere: malgrado l’offerta in linea con quelle degli anni precedenti, nessuna società ha deciso di inviare la propria candidatura. Il Ministero aveva inizialmente messo a disposizione anche un incentivo da 200 milioni di sterline, poi alzato a 227 milioni per cercare di attirare qualche offerta. Alla fine, però, è stato necessario ammettere che le società del settore non hanno risposto nemmeno a questo rialzo. Così facendo il Regno Unito si trova a fare i conti con una transizione energetica in difficoltà; Londra vorrebbe puntare soprattutto sull’eolico, ma l’inflazione sembra avere altri piani.
Come molte altre economie sviluppate, il Regno Unito ha deciso di impegnarsi per raggiungere il net zero entro il 2050. Una parte essenziale di questa strategia riguarda la transizione verso le rinnovabili, con l’eolico in prima linea visti i forti e costanti venti che battono le coste britanniche. Il piano di medio termine per raggiungere l’obiettivo è quello di produrre 50 GW di energia eolica entro il 2030. Attualmente il Regno Unito ne produce soltanto 14 GW, e la costruzione di questi giganteschi impianti offshore richiede anni. Ogni asta è il frutto di un lavoro lungo un anno, che aggiudica cantieri che possono durare 3-5 anni prima di diventare operativi. Per questo motivo, un ritardo nell’assegnazione di uno sviluppo oggi può significare trovarsi a rincorrere fortemente domani.
Inflazione principale fonte di scetticismo
La strategia del Regno Unito per attirare investimenti nel settore delle rinnovabili si basa soprattutto sui Contratti per Differenza (CFD). Questo tipo di contratti, che trova largo impiego anche nel trading online, è comune a molte nazioni: anche la Romania ha deciso di testarli recentemente, e si può dire che sia ormai un modello comprovato. Secondo questo schema, chi realizza un investimento in energia rinnovabile può ricevere un compenso fisso: se il prezzo di mercato dell’energia non arriva a coprire la cifra minima garantita, il governo interviene per finanziare il resto. Grazie a questo tipo di accordi, chi produce energia rinnovabile può contare su un flusso di ricavi prevedibile e stabile. In questo modo è più facile fare delle proiezioni sul ritorno sull’investimento, eliminando uno dei principali ostacoli che possono frenare le candidature agli appalti di parchi eolici e fotovoltaici.
In quest’ultima asta, il Regno Unito si impegnava a garantire agli sviluppatori del progetto un compenso fisso di 44 sterline per MW. Si tratta di un lieve calo rispetto alle 46 sterline per MW offerte lo scorso anno, ma su basi teoricamente solide: in passato le aste a questi prezzi hanno visto grande partecipazione, e l’evoluzione tecnologica dovrebbe fare in modo che i nuovi progetti vengano realizzati a prezzi più bassi rispetto a quelli già esistenti. Il governo sembra però non aver fatto i conti con l’inflazione, che nel Regno Unito si sta per altro dimostrando più alta e più resistente che nel resto dell’Europa geografica. Non solo costano di più le turbine e i mezzi di trasporto, ma anche la forza lavoro. Ai prezzi attuali offerti, nessuna società ritiene che valga la pena di correre il rischio di finanziare un investimento.
Prezzi in aumento del 40% per i costruttori
Un dato di riferimento per capire quanto sia forte l’effetto dell’inflazione sulla costruzione di parchi eolici arriva dalla tedesca RWE e dalla svedese Vattenfall: secondo il management, oggi ci vorrebbe un investimento del 40% più alto rispetto a due anni fa per realizzare lo stesso tipo di progetto. Allo stesso tempo i tassi di interesse sono più che triplicati, per cui prendere in prestito denaro dalle banche per finanziare la costruzione di parchi eolici è diventato ancor meno redditizio. RWE e Vattenfall erano state tra le società che si erano aggiudicate alcuni grandi appalti eolici nelle aste concluse nel 2022 nel Regno Unito, ma di recente hanno deciso di sospendere la costruzione in diversi cantieri per l’insostenibilità finanziaria di questi progetti.
Ed Miliband, il principale candidato dell’opposizione inglese al ruolo di Ministro della Sicurezza Energetica, ha definito il risultato della nuova asta come un “disastro”. E non soltanto perché l’asta sia andata deserta: ha colpito anche il fatto che siano stati messi all’asta meno di 4 GW di appalti, contro gli 11 GW che erano stati messi all’asta lo scorso anno. Questo fatto desta preoccupazioni sul fatto che, se anche l’asta avesse visto un buon livello di partecipazione, probabilmente sarebbe comunque stata insufficiente a garantire un proseguimento concreto della rincorsa ai 30 GW di energia eolica entro il 2030. Britain Remade, una campagna attivista per la promozione dell’energia rinnovabile in UK, presenta i suoi conti: ai livelli attuali di incentivo ritiene che nessun costruttore possa produrre energia in modo profittevole, e che il danno della mancanza di nuova capacità energetica possa costare 1 miliardo di sterline all’anno ai consumatori privati.