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USA: arrivano dati inflazione | Saranno decisivi per i mercati?
Martedì arriveranno dagli Stati Uniti i dati che riguardano l’inflazione di gennaio. Sarà un appuntamento per il quale non ci si aspettano grandi sorprese: la media delle proiezioni vede un leggero ribasso mese su mese e dunque rispetto a dicembre, tanto per il CPI classico, quanto invece per l’inflazione Core, che rimane il dato più importante per Federal Reserve per valutare il percorso che è stato compiuto fino a oggi. Ribassi più consistenti potrebbero sconfessare quanto affermato da Jerome Powell a margine del FOMC di fine gennaio?
È possibile che dati inferiori alle aspettative in termini di aumento dei prezzi possano riportare sul tavolo discussioni che riguardano eventuali tagli già in marzo? Sarà questa la vera incognita che, una volta risolta, muoverà in modo più deciso i mercati. Soluzione che però, almeno secondo gli analisti, potrebbe non arrivare con i dati di martedì prossimo, che saranno diffusi alle 14:30 ora italiana e poco prima dell’avvio delle contrattazioni a Wall Street.
Inflazione USA: quanto è importante il dato
Il dato è stato quello più importante di tutto il 2023: andamento dell’inflazione, tanto quella classica quanto quella Core, ritenuta più importante in questa fase perché liberata dei movimenti dei costi dell’energia, ritenuti in questa fase eccessivamente volatili per contribuire a capire cosa sta effettivamente succedendo ai prezzi.
Gli Stati Uniti stanno tornando rapidamente verso il 2%? Non sarà questo che certificherà, con ogni probabilità, il dato di martedì. Il consenso per i dati che arriveranno martedì e che saranno relativi al mese di gennaio è di un +3,8% per l’inflazione Core, dato forse non entusiasmante rispetto al +3,9% di dicembre. Più interessante invece il dato che potrebbe arrivare dall’inflazione classica: ci si aspetta un +2,9%, che segnalerebbe appunto un calo considerevole rispetto a quanto è stato registrato a dicembre (+3,3%). Potrebbe essere questo il segnale di possibile apertura a tagli di tassi già a marzo?
Difficile, anzi forse impossibile. I mercati prezzano per ora soltanto al 16% la possibilità che ci siano i primi tagli di 25 punti base già a marzo, contro il 20% la settimana scorsa e il 70% 1 mese fa, ad inizio di 2024. Sembra che dunque non saranno i numeri di queste proiezioni, anche se confermati dai dati effettivi, a poter far cambiare idea a Federal Reserve. Diverso però il discorso per l’incontro ancora successivo a quello di marzo per il FOMC. In quel caso il mercato prezza al 52% tagli di 25 punti base, in aggiunta a un 8% che addirittura vede un taglio a marzo e uno a maggio. Numeri in crescita rispetto a 1 mese fa, ma comunque in discesa rispetto a quelli di inizio febbraio.
Unico dato l’incertezza?
Certo, prima ci sarà da verificare il dato effettivo. Un avvicinamento verso il 2% di target c’è, pur interessando il meno importante dei due dati. Difficile pensare che con l’inflazione Core ancora su questi livelli si possa effettivamente iniziare a considerare tagli già da marzo, in particolare dopo l’impegno di Jerome Powell a non tagliare a marzo, come comunicato più volte nel corso delle ultime settimane.
Nel frattempo però i mercati rimangono piuttosto pimpanti, con l’azionario USA che continua a battere record su record, nonostante l’outlook sui tassi sia peggiorato per gli asset di rischio.
Con le piazze cinesi che saranno chiuse per tutta la settimana per i festeggiamenti del capodanno, gli altri dati interessanti arriveranno dal Regno Unito (PIL e inflazione) e dal Giappone (per il quale ci si aspetta un recupero in termini di crescita). Saranno questi i dati che orienteranno le scommesse dei mercati per i prossimi giorni, per quanto, appunto, non decisivi.