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Inflazione affossa il dollaro. Euro vicino a 1,09 in attesa tagli settembre

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L’euro si porta vicino a quota 1,09 contro il dollaro dopo che i dati sull’inflazione USA si sono rivelati essere migliori delle aspettative che si erano formate tra analisti e operatori di mercato. Da Washington arriva la buona novella che spinge al massimo le possibilità di tagli ai tassi già a settembre, con il dato che ha avuto tutte le ovvie ripercussioni sul mercato del Forex, per tutte le coppie che coinvolgono anche il dollaro USA.

Euro dunque che torna ad una condizione di forza relativa, per quella che potrebbe essere un’altra settimana di ribassi per il dollaro, con il differenziale di tassi con l’area euro che potrebbe andare a ridursi, al netto comunque di quelle che potrebbero essere le prossime mosse di BCE, che si trova più avanti nel cammino di contenimento dell’inflazione e che potrebbe pertanto procedere, magari tra due o tre riunioni, a tagliare almeno altri 25 punti base.

Da Washington la notizia giusta per far rallentare il dollaro

EURUSD naviga per tutta la sessione USA tra un +0,40% e un +0,50%: percentuali di gain per la coppia più importante del Forex che non sono naturali, ma che dipendono da dati sull’inflazione negli Stati Uniti che sono migliori rispetto alle aspettative. Ci si aspettava un +3,1% dalla lettura del CPI, mentre i dati ufficiali hanno fatto registrare un più modesto +3,0%, portando l’inflazione a livelli che non si vedevano da più di 12 mesi.

Stesso discorso per la Core CPI, che fa registrare un +3,3%, contro previsioni che lo davano al +3,4%. Tanto è bastato al mercato del Forex per dare fuoco alle proverbiali polveri, portando l’euro a guadagnare – e poi a mantenere per tutta la durata della sessione mattutina di New York – intorno allo 0,50%. Manca ancora la spinta per muovere l’euro sopra quota 1,09, spinta che potrebbe arrivare soltanto da dati inversi dall’area euro o di dichiarazioni di Christine Lagarde che lascerebbero intuire un approccio ancora più cauto al taglio dei tassi.

Commenti che probabilmente non arriveranno e che rimanderanno la soluzione dell’eterno scontro tra euro e USD a data da destinarsi, con ogni probabilità ai prossimi dati sull’inflazione delle aree di riferimento.

Dal mercato del lavoro intanto arrivano dati contrastanti. Jobless claims ancora una volta inferiori alle aspettative, per quanto si tratti di dati che spesso e volentieri vengono poi rivisti in senso peggiorativo. Dati che non hanno aiutato il dollaro a recuperare.

Jerome Powell più aperto all’ipotesi tagli: i mercati rispondono

È stata una buona settimana per coloro i quali puntano su almeno due tagli ai tassi negli Stati Uniti, con il primo che appunto potrebbe arrivare già a settembre. Non solo i dati sull’inflazione si sono rivelati migliori delle aspettative, ma anche Jerome Powell davanti al Congresso è apparso come estremamente più aperto ad un ritorno alla normalità. Normalità che è fatta del supposto tasso naturale di cui però nessuno sa nulla, ma che al tempo stesso è certamente situata al di sotto del livello di 525-550 punti base attuale.

Lo scenario si è fatto molto più attrattivo per chi guarda ai risk asset e anche per chi sta shortando il dollaro USA, dopo una prima parte di 2024 che ha visto la valuta di Washington dominare in lungo e largo le piazze Forex. Troppo presto per parlare di inversione del trend duratura? Probabilmente sì, basti pensare al fatto che c’erano le stesse vibrazioni a inizio anno che poi sono state puntualmente smentite dai mercati e dai dati che li animano.

Per oggi però gode chi ha anticipato un miglioramento delle condizioni generali della lotta all’inflazione negli USA, con conseguente indebolimento del dollaro.

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