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USA, produzione industriale sopra le attese ad aprile
La pubblicazione dei dati americani sulla produzione industriale è stata una delle novità più attese sul fronte macroeconomico nella giornata di Borsa di martedì. I dati mostrano una produzione sopra le attese degli analisti e in ripresa, dopo alcuni segnali poco incoraggianti nei mesi scorsi. Se da una parte questo è un segnale di incoraggiamento per la crescita economica, è anche un elemento da tenere in considerazione nelle proiezioni sul tasso di inflazione. Come spesso avviene in questi mesi, è difficile bilanciare la crescita economica con la pressione sui prezzi: anche se non è un segnale così forte, potrebbe comunque far pensare che i tassi della Fed dovranno aumentare oltre il previsto.
La stessa Federal Reserve, nei mesi scorsi, ha ribadito più volte di voler prendere le proprie decisioni in base all’andamento dell’economia e dei relativi dati. L’idea rimane quella di aumentare i tassi nel caso in cui l’economia invii segnali di surriscaldamento, tra i quali si può annoverare anche l’aumento della produzione industriale. Più produzione industriale significa più investimenti e credito nell’economia, tipicamente favorendo il tasso di inflazione. Per questo motivo, anche se i dati economici di per sé sono stati incoraggianti, non è detto che lo siano anche per la Fed.
Dati positivi per le imprese manifatturiere
Le previsioni degli analisti prevedevano che, ad aprile, la produzione industriale calasse dello 0.1% rispetto al mese precedente. Una previsione frutto dei tassi di interesse elevati, che spinge le aziende a fare i conti con prestiti più cari; anche l’inflazione, che rende elevati i prezzi delle materie prime e il costo del lavoro, avrebbe dovuto mettere a freno la crescita della manifattura negli Stati Uniti. In realtà, il dato effettivo ha visto la produzione crescere del 1% su base mensile: un segnale del fatto che le imprese riescono ancora a trasferire gli aumenti dei prezzi ai consumatori e dunque a rimanere in buoni affari anche malgrado la politica monetaria.
Indubbiamente gioca un ruolo importante in tutto questo la riapertura dell’economia cinese, che ha permesso la ripresa del normale funzionamento di molte filiere che erano state impattate dalla politica zero Covid di Xi Jinping. Con la supply chain che è tornata a operare normalmente in quasi tutti i settori, soprattutto per quanto riguarda i semiconduttori, ora le imprese sono più libere di produrre a pieno regime. Questo potrebbe persino ridurre l’inflazione, offrendo una quantità maggiore di prodotti sul mercato e dunque portando a una concorrenza più forte sul fronte della domanda.
Sotto le attese le vendite al dettaglio
Altro dato rilasciato oggi dall’ente nazionale di statistica degli Stati Uniti è quello sulle vendite al dettaglio. In questo caso il dato è stato inferiore alle attese, segnando +0.4% su base mensile. Il dato è riferito a marzo, e le attese degli analisti prevedevano invece un aumento dello 0.8%. Per quanto l’espansione delle vendite non sia stata della stessa portata prevista da Wall Street, l’espansione dell’economia statunitense aumenta anche sul fronte dei consumi.
Sarà ora interessante osservare i prossimi dati sull’inflazione a fronte di quanto emerso nella giornata di oggi. Nel frattempo la settimana proseguirà con la pubblicazione di altri dati importanti: per domani sono attesi i numeri aggiornati dei permessi di costruzione concessi nei 50 Stati, mentre venerdì arriveranno i dati sul mercato del lavoro. Questi ultimi sono particolarmente seguiti, perché sembra che il livello di occupazione al momento sia così alto da non permettere un calo diffuso e strutturale dell’inflazione; più volte la Federal Reserve ha sottolineato questo tema, ed è probabile che Powell e i suoi vogliano vedere una riduzione dell’occupazione prima di mettere fine ai rialzi dei tassi.