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Arrivano i dati dei prezzi PCE, i più importanti per Fed. Intervento su Yen ritardato? C’è chi vede i 120!

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È la situazione dello yen a continuare a tenere banco, nonostante di movimenti di prezzo nelle ultime sessioni non ce ne siano stati. Si rimane, per quanto di poco, sotto la soglia dei 160, tra interrogativi riguardanti il possibile intervento da parte di BoJ, Bank of Japan, la banca centrale del Paese del Sol Levante, e quelli sulla tenuta di un’economia giapponese che sembrerebbe essere ancora in piena sofferenza. Una sofferenza tale da scongiurare movimenti più strutturali, come sarebbero quelli sui tassi.

Con venerdì che è il giorno più importante della settimana per il mercato Forex, con l’arrivo del più importante degli indicatori – almeno secondo FED – sull’andamento dei prezzi, c’è chi si interroga sull’opportunità di un intervento nelle prossime 48 ore. Intervento ritenuto ben privo di logica, ma che potrebbe essere proprio per questo motivo, il più efficace a tutela dello yen. E mentre sotto le ceneri cova un grande cambiamento per lo yen, c’è chi afferma di essere long e di vedere lo yen rientrare, in 18 mesi, verso quota 120. Posizione shock, almeno rispetto a quelle maggioritarie sul mercato.

Tutti in attesa dei prezzi PCE di venerdì

Yen senza bussola: aspetteranno i dati di venerdì?

La situazione pregressa la conosceranno bene tutti i nostri lettori. Lo yen continua a mostrare segni di debolezza importanti e a avvicinarsi a quella che da molti, almeno in passato, era ritenuta essere la soglia di intervento da parte delle autorità monetarie, ovvero quella dei 160 contro il dollaro USA. Un intervento del quale si parla sempre più insistentemente, nonostante non accontenti tutti e nonostante gli scarsi risultati che sono stati ottenuti con il precedente – e miliardario – intervento.

Nonostante non tutti siano d’accordo però, se ne continua a parlare in modo piuttosto insistente, con tempistiche che potrebbero essere anche di breve periodo, anche se non così breve. La logica, almeno quella individuata dagli analisti, imporrebbe la calma prima dell’appuntamento di giovedì e venerdì negli Stati Uniti: un giovedì di assoluta tensione che vedrà sia le misurazioni del PIL, e un venerdì invece con i il PCE Price Index, che in questa fase sono ritenuti essere quelli più importanti da parte di Federal Reserve. Una lettura positiva, ovvero con prezzi PCE più bassi di quelli delle aspettative, finirebbe per indebolire il dollaro e in ultimo per dare una mano allo yen senza che vengano spesi di nuovo miliardi per un intervento che avrebbe con ogni probabilità comunque effetti limitati e di breve periodo.

È ancora il dollaro a dettare la linea

C’è chi crede che le cose potranno andare diversamente

C’è Macquarie Group che la vede diversamente: lo yen potrebbe tornare a livelli che non si vedono dal 2022, ovvero intorno a quota 120 contro il dollaro USA, già nei prossimi 18 mesi. Si tratterebbe di un’importante inversione del trend per la divisa nazionale giapponese, che per tanti altri invece è diretta verso quota 170, a prescindere dagli interventi o meno di breve periodo.

Macquarie non le manda a dire – e secondo quanto è stato riportato da Bloomberg – chiede a chi è long su USDJPY di dormire con almeno un occhio aperto. Non è chiaro cosa ci sia dietro questa analisi, se non la convinzione che il progresso dei tagli negli USA possa accelerare già a partire da fine 2024, innescando una debolezza del dollaro che possa lasciare spazio al recupero dello yen.

Questo a patto che non cambino radicalmente (e rapidamente) le cose a Tokyo, dove si interverrà certamente al rialzo sui tassi, anche se con tempistiche estremamente incerte. Ognuno farà il suo gioco, per un mercato Forex che rimane di massimo interesse anche per chi tendenzialmente lo tratta poco o non vi si è mai avvicinato.

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