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VinFast crolla in Borsa, altri dubbi su serietà delle SPAC

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Le azioni VinFast sono state protagoniste a Wall Street nel corso delle ultime due settimane. Per chi non conoscesse la società, si tratta di un produttore vietnamita di veicoli elettrici che si è quotata tramite SPAC sul Nasdaq. Le SPAC permettono a un’azienda di quotarsi in Borsa acquisendone un’altra già quotata, con la seconda che solitamente è semplicemente una società veicolo creata appositamente per essere acquisita e facilitare la quotazione. Nei giorni immediatamente successivi alla quotazione in Borsa, avvenuta all’inizio di agosto, le azioni hanno iniziato una scalata del 800+%. VinFast è arrivata a essere il terzo produttore di automobili al mondo per capitalizzazione di mercato, con una valutazione superiore addirittura a quella di Goldman Sachs e General Motors, pur essendo una società che vende ancora un numero minimo di veicoli elettrici. Martedì la presunta bolla è scoppiata, con le azioni che sono precipitate di oltre il 40% in una singola giornata di Borsa.

La giornata di scambi di martedì si è chiusa con un calo del 43% nella quotazione delle azioni VinFast, che poi hanno perso un ulteriore 5% nel mercato after-hours. Tutto questo ha sollevato forti polemiche riguardo alla serietà e alla legittimità delle SPAC, che avevano conosciuto un vero e proprio boom durante la pandemia. Molte delle società che si erano quotate in questo modo, a distanza di un anno, avevano avuto performance pessime e alcune di queste, come Proterra, sono già arrivate a dichiarare bancarotta. Il mondo delle auto elettriche è stato particolarmente soggetto a questi boom delle quotazioni seguiti da un drastico ridimensionamento della capitalizzazione di mercato. Evitando molti dei controlli legati alle IPO tradizionali, le SPAC si quotano con costi relativamente bassi e a condizioni più flessibili: ora la domanda è se questo processo possa danneggiare gli investitori.

VinFast ha una capitalizzazione da oltre $100 miliardi, anche malgrado il crollo di martedì

Ancora dubbi sul mondo delle SPAC

La vicenda che riguarda VinFast è solo l’ultima di una lunga serie che getta ombre sul mondo delle SPAC. Questo tipo di quotazione in Borsa è già stato fortemente criticato in passato, viste le altre società che sono passate per questo tipo di processo. Un esempio all’italiana è quello di Hellbiz, azienda specializzata nel settore dei monopattini elettrici e della mobilità elettrica, nata e cresciuta in Italia ma poi quotata sul Nasdaq. L’azienda è molto vicina alla bancarotta, ormai pressoché inevitabile. Il caso più celebre invece è quello di WeWork, società che aveva fallito il processo di IPO tradizionale e si è poi quotata tramite SPAC con una valutazione di 9 miliardi di dollari. A distanza di quattro anni da quel momento, WeWork si trova altrettanto sull’orlo della bancarotta e potrebbe fallire già entro fine anno -come divulgato in un comunicato stampa ufficiale-.

Ci sono diverse ragioni dietro a questo comportamento molto volatile delle società che si quotano tramite SPAC. Una delle principali è il fatto che il flottante, cioè la quantità di azioni disponibili per la negoziazione durante i primi giorni, è molto basso. Questo significa che la domanda di titoli azionari si raffronta con una bassa disponibilità, influenzando inevitabilmente la trasparenza degli scambi. Anche malgrado i ribassi drastici di martedì, la capitalizzazione di VinFast rimane ancora oggi sopra il $100 miliardi. Nel 2022, l’azienda ha venduto complessivamente 24.000 automobili; per fare un confronto, Volkswagen ha venduto 8.3 milioni di veicoli nello stesso anno e malgrado ciò ha una capitalizzazione di mercato da $62 miliardi. Questo è piuttosto indicativo di quanto elevata sia la valutazione dell’azienda vietnamita a fronte dei numeri che essa realmente produce.

Su una nota positiva, VinFast può essere una società apripista nella quotazione di altre grandi realtà vietnamite negli Stati Uniti

VinFast, la promessa vietnamita degli EVs

Fondata nel 2017, in pochi anni, VinFast è diventata la maggiore casa automobilistica del Vietnam. La sua ascesa è stata impressionante. Nel giugno 2019 l’azienda ha inaugurato il suo stabilimento automobilistico nella zona economica di Đình Vũ-Cát Hải. Questo impianto, aperto con un investimento iniziale di 3,5 miliardi di dollari, è uno dei più grandi del paese e si estende su un’area di 335 ettari. I primi modelli sono stati presentati al Salone dell’Automobile di Parigi, nel 2018, e meno di un anno dopo l’azienda ha cominciato a vendere le sue vetture in Vietnam. Nel 2020 ha pubblicato un piano industriale per l’inizio delle vendite negli Stati Uniti, dove fino a questo momento ha venduto meno di 1.000 automobili. I dati finanziari, però, sono tutt’altro che incoraggianti fino a questo momento anche a prescindere dalle operazioni negli USA.

Nel primo trimestre dell’anno l’azienda è andata incontro a una riduzione dei ricavi drastica, al punto che il numero di vendite su base annua è calato del 49%. Questo è un comportamento anomalo per una startup legata ai veicoli elettrici, soprattutto considerando che i primi mesi dell’anno sono stati estremamente positivi per il settore. In questo singolo trimestre, VinFast ha registrato perdite per 598 milioni di dollari contro i $411 milioni persi nello stesso periodo del 2022.

Il caso ricorda molto da vicino quello di Rivian, startup americana del settore dei veicoli elettrici che si era quotata con IPO tradizionale nel 2021, e che ora ha perso oltre l’83% del valore rispetto al giorno della quotazione. In tutto ciò, VinFast rappresenta più che una semplice SPAC: è il primo caso di una grande quotazione negli Stati Uniti da parte di un’impresa vietnamita, che potrebbe aprire le porte ad altre realtà provenienti da un’economia che molti pensano essere la “prossima Cina”.

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