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Xi Jinping in America: standing ovation e messaggi di pace economica
I rapporti tra Cina e USA, almeno sul piano economico e commerciale, potrebbero aver trovato il loro minimo. Il viaggio di Xi Jinping negli Stati Uniti passerà alla storia come il tentativo, per qualcuno disperato, di riallacciare rapporti solidi e duraturi con il settore privato statunitense, che pur ha avuto negli ultimi mesi qualche ritrosia ad allargare (e anche soltanto a mantenere) i propri investimenti e le proprie posizioni nella Repubblica Popolare.
Potremmo essere al punto più basso, perché il viaggio di Xi sembrerebbe aver esercitato il proprio ascendente almeno sulle elite del capitalismo americano, cosa che è emersa piuttosto chiaramente dall’incontro che si è tenuto allo Hyatt Regency di San Francisco, e al quale hanno preso parte i CEO di tutte le principali imprese che operano in Cina e che vedono in quel mercato un’ulteriore opportunità di crescita. Da Tesla a Apple, passando per tutto il gotha del capitalismo statunitense che, è emerso chiaramente dalle ultime trimestrali, non può fare a meno di un mercato di quasi 2 miliardi di persone.
“Sono Xi Jinping e vengo in pace”
I toni utilizzati da Xi Jinping, leader assoluto e incontrastato della Repubblica Popolare Cinese, sono apparsi come piuttosto melliflui, almeno stando a quanto raccontano i più cinici dei commentatori che hanno avuto il privilegio di partecipare all’importante meeting. Un messaggio di pace che è figlio di mesi di tensioni che hanno causato non pochi problemi a diverse delle aziende più importanti degli Stati Uniti e, di conseguenza, anche alle prospettive di crescita della Repubblica Popolare Cinese.
La situazione, per chi non avesse seguito da vicino le ultime evoluzioni dei rapporti tra Pechino e Washington, è la seguente: tante aziende hanno lamentato un quadro, soprattutto politico, in rapida involuzione in Cina e la volontà di volersi liberare dei legami troppo stretti con la Cina. L’afflusso di capitali stranieri è in negativo su valori che non si vedevano da un trentennio e le vendite dei gruppi che puntavano su Pechino in forte difficoltà, a partire da Apple e per finire su tutte le altre imprese che vendono beni di largo consumo.
Una situazione che – conseguenza della guerra fredda tra l’amministrazione Biden e quella di Xi Jinping – non piace a nessuno e in particolare non piace agli azionisti, che hanno visto sia le trimestrali appena comunicate sia le proiezioni sul futuro economico delle imprese in importante rallentamento.
C’è intesa, ma serviranno anche passi concreti
Secondo quanto è stato riportato da Financial Times, in realtà i segnali di pace sono stati biunivoci: erano presenti tutti i top manager delle imprese più importanti degli Stati Uniti, che in diversi momenti del discorso di Jinping hanno interrotto con delle standing ovation che difficilmente si riservano ad un politico di un paese che, seppur non in guerra aperta, è considerato in modo crescente come avversario.
Ci sarebbe spazio – questo in realtà il messaggio che è arrivato anche da Washington – sufficiente al mondo per vedere tanto gli USA quanto la Cina prosperare. Cosa tecnicamente vera, ma che dovrà poggiarsi su atti concreti da ambo le parti.
Xi Jinping ha da mettere sul tavolo l’offerta di sempre: l’accesso a un mercato di quasi due miliardi di consumatori, la cui maggior parte deve essere, per citare le stesse parole del leader cinese, arrivare alla modernità, anche economica e commerciale, aggiungiamo noi.
Il messaggio con il quale lasciamo la kermesse politico-economica di San Francisco è quello della necessità di una distensione, dato che i business privati non hanno alcuna intenzione di lasciare sul piatto profitti presenti e futuri per schermaglie politiche che hanno già causato danni economici importanti da ambo le parti.
Sul fatto che si dia seguito ai messaggi di distensione che hanno dominato le ultime 24 ore, continuiamo però a nutrire i nostri dubbi, a nostro avviso tutti ben fondati.