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Yen: bruciati 62 miliardi di dollari sui mercati. La spesa folle delle autorità per difendere JPY
L’arcano è stato svelato. Ed è un arcano più… importante di quanto avessero immaginato sia gli analisti sia gli operatori del mercato del Forex. Qualche ora fa il Ministro delle Finanze del Giappone ha rivelato quanto è stato speso complessivamente a tutela del valore dello yen sulle piazze internazionali. Si parla di 62 miliardi di dollari in controvalore, per interventi che nel giro di 1 mese hanno superato per quantità di denaro speso tutti quelli del 2022, altro anno piuttosto complicato per la tenuta dello yen.
Svelato dunque l’arcano: tutti erano certi degli interventi delle massime autorità giapponesi a mercato, mentre nessuno però si sarebbe aspettato una cifra di questo tipo. Una cifra che copre soltanto il periodo dal 26 aprile al 29 maggio e che, tra le altre cose, è servita – con il senno di poi – a molto poco. Lo yen continua infatti a essere in un trend fortemente negativo e si sta riavviando verso quei massimi che avevano innescato appunto la necessità di intervento da parte di Bank of Japan e del dicastero delle finanze.
62 miliardi nella macchina salvavita per lo yen
Interventi necessari? Probabilmente sì, dato che la somma che è stata bruciata sui mercati è di quelle importanti e che avrà certamente sollevato qualche polemica interna. Parliamo infatti di 9.100 miliardi di yen spesi nel giro di poco più di 1 mese a tutela dello yen stesso, ovvero di circa 60 miliardi di euro. Soldi spesi per difendere uno yen che si stava avviando a perdere anche quota 160 contro il dollaro.
Gli interventi sono stati diversi, hanno parzialmente aiutato – soprattutto in un paio di circostanze – a riportare lo yen sensibilmente più in basse in termini di quotazioni in dollari. Interventi che però, come in realtà sospettavano in molti, non sono certamente riusciti ad invertire un trend che per i mercati è chiaro, netto e basato su fondamentali che certamente non cambieranno con un semplice intervento, per quanto consistente, della banca centrale o del ministero delle finanze.
Un intervento che le autorità avevano anticipato giustificandolo come necessaria difesa dello yen da mosse speculative che ne stavano indebolendo il valore, una spiegazione della situazione che in realtà non ha convinto in molti. Il differenziale tra tassi giapponesi e quelli delle altre economie sviluppate è tale da valere da solo tutta la debolezza dello yen, esacerbata anche da un Kazuo Ueda di Bank of Japan mai troppo chiaro sui prossimi passi dell’istituto che presiede. E che ha ormai esaurito ogni possibile effetto annuncio a causa di interventi ripetuti e contraddittori.
Una cifra enorme. E ora?
Nonostante l’importante dimensione degli interventi, i mercati continuano a shortare lo yen, con l’unica preoccupazione che li attanaglia è un altro intervento di proporzioni importanti come quello tra il primo e il due di maggio che in pochi minuti ha fatto guadagnare allo yen oltre il 3%, facendo saltare anche tante posizioni short.
La cassa della banca centrale del Giappone, così come quella del ministero della finanze, è ampia abbastanza da garantire anche altri interventi, per quanto sull’opportunità politica di tali mosse le discussioni si sono già fatte parecchio accese in Giappone.
Che sia il segno che il prossimo intervento a tutela dello yen, come si vocifera da tempo, dovrà passare necessariamente da un rialzo dei tassi? Staremo a vedere: l’inflazione e la crescita dei salari potrebbero fare da appoggio a una decisione di rialzo sui tassi, che avrebbe il pregio di prendere i proverbiali due piccioni con una fava. Da un lato un contenimento dell’inflazione, dall’altro una tutela del valore dello yen in attesa dei tagli a Washington.