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Yen nel range grazie alle minacce di BoJ. Ma quanto durerà?
Lo yen giapponese continua a muoversi in un range piuttosto ristretto, con i minimi e i massimi del mese che sono distanti meno del 3%. Canale che è circa della metà, per ampiezza, rispetto a quello all’interno del quale lo yen si era mosso, nei confronti del dollaro, lo scorso luglio. A comprimere JPY all’interno di questo range le minacce, che ora si fanno sempre più credibili, di un intervento di Nippon Ginkō, la Banca del Giappone.
Intervento, o minaccia dello stesso, che per il momento sta tenendo lo yen ancorato all’interno di questo canale, nonostante il gap tra tassi di interesse sia potenzialmente in aumento, con Bank of Japan che sembrerebbe essere più restia, anche per le prossime tornate di decisioni, a prendere in mano la situazione e a far tornare i tassi in territorio positivo. Intervento – ed è l’ultimo dei fattori da considerare, che sta tenendo i prezzi pressoché fermi nonostante l’ultimo intervento di Ueda non abbia convinto.
Bank of Japan è davvero pronta a intervenire?
La minaccia di intervento era arrivata in concomitanza con le prime misure di Pechino a tutela del valore dello yuan. Tokyo si era detta pronta a intervenire a difesa dello yen – dato che le pressioni ribassiste avrebbero potuto inasprire una situazione, in termini di inflazione, che è già al vaglio delle autorità giapponesi. Inflazione sulla quale una maggiore debolezza dello yen sulle piazze internazionali avrebbe, quasi certamente impattato, aumentando i costi relativi di import di semi-lavorati e beni finiti. Minaccia che per il momento – è questa la grande forza degli effetti annuncio – ha contribuito a tenere lo yen, nei confronti del dollaro USA, all’interno di un canale piuttosto ristretto e che è fissato da un gap tra minimi e massimi che è intorno al 2,8%, in calo del del 50% rispetto al mese precedente.
Le domande che stanno attanagliando chi opera sullo yen o su titoli denominati in questa valuta rimangono però molteplici. A partire da quali siano le volontà – e l’effettivo spazio di manovra – del governatore della banca centrale del Giappone Ueda Kazuo, le cui strategie comunicative, nel segno dell’incertezza, sono state ampiamente criticate tanto dagli investitori quanto dagli analisti.
Preoccupazioni legittime, dato che il Giappone rimane con tassi negativi – cosa che spinge gli investitori ad esporsi in yen anche al fine di acquistare valute che offrono tassi di interesse più alti. Meccanismo che è uno di quelli che contribuisce alla situazione di debolezza della divisa nazionale giapponese.
Investitori istituzionali e a leva ancora short
I dati comunque rimangono impietosi. Per tutto il 2023, non senza ragione a guardare i movimenti di prezzo che sono intercorsi, tanto i gestori di asset quanto gli investitori high volumes che operano a leva sono rimasti short sullo yen nei confronti del dollaro USA, con le posizioni che nelle ultime 6 settimane sono tornate a crescere, per quanto siano ancora lontane dai massimi che si erano raggiunti tra fine 2021 e inizio 2022. Si tratta dei discussi speculatori, che sono stati oggetto di attacco anche da parte del primo ministro Kishida Fumio, che all’interno di un intervento pubblico durante la scorsa settimana ha minacciato interventi pubblici contro chi muove grandi quantità di valuta sulle piazze internazionali.
A queste minacce si sono aggiunte quelle di Kanda Masato, Ministro delle Finanze di Tokyo, che ha indicato ai mercati la presenza di talk di alto livello tra Giappone e Stati Uniti, con entrambi i partecipanti alla discussione che si sarebbero detti pronti all’intervento, ritenendo ulteriore volatilità sullo yen non benvenuta.
La situazione rimane incerta, per quanto in caso di ulteriori rotture dei supporto, Bank of Japan interverrà quasi sicuramente con importanti ondate di acquisti.