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Accordo anche tra Stellantis e UAW. Ora manca solo GM
Anche Stellantis ha raggiunto un accordo preliminare con UAW, il sindacato statunitense che rappresenta i lavoratori del settore auto. Il contenuto dell’accordo è simile a quello tra il sindacato e Ford e include aumenti salariali per il 25% insieme ad un adeguamento al costo della vita per gli anni futuri. L’accordo non è ancora operativo e avrà bisogno dell’approvazione da parte degli iscritti. Potrebbe chiudersi così la lunga serie di scioperi, che recentemente ha toccato anche gli impianti produttivi più importanti (perché più redditizi) del gruppo.
L’accordo sarà poi passato al vaglio dei mercati alla riapertura di lunedì – e si potrà valutare se il titolo potrà recuperare le perdite dell’ultimo mese, le quali sono state almeno in parte influenzate anche dalla serie di scioperi. L’accordo di UAW con Ford e Stellantis eserciterà, tra le altre cose, pressioni importanti su GM, l’unica delle tre rimasta ancora al tavolo delle trattative.
Altra vittoria per i sindacati?
Per un accordo molto simile – quello siglato con Ford – il presidente di UAW Shawn Fain aveva festeggiato con gli iscritti, ritenendolo il punto di arrivo di una lotta dura, senza quartiere e che aveva spinto almeno uno dei tre grandi gruppi a cedere alle proposte degli iscritti. L’accordo preliminare siglato con Stellantis – che è esattamente sulla stessa linea – non mancherà dunque di innescare gli stessi entusiasmi.
Sul tavolo c’è un aumento, secondo quanto è stato riportato dai giornali statunitensi, del salario intorno al 25%, che porterà anche nelle fabbriche di Stellantis lo stipendio orario sopra i 40$. Nell’accordo sono previste anche clausole per l’adeguamento del salario futuro al costo della vita, ritenuto particolarmente importante data anche l’attuale situazione sul fronte dell’inflazione.
Non è chiaro, almeno per ora, se ci siano state rassicurazioni sull’altro aspetto che interessa il sindacato: il mantenimento di certi livelli occupativi durante la transizione di almeno parte degli impianti produttivi verso l’elettrico. Transizione che potrebbe (e dovrebbe, secondo gli azionisti) fare a meno di un numero importante di addetti. La questione elettrico rimane assolutamente centrale per l’evoluzione del mercato automotive, in particolare negli Stati Uniti.
Elettrico ancora al centro
Nel momento in cui scriviamo, manca ancora l’accordo con GM, che però potrebbe arrivare, sulla stessa falsariga, nei prossimi giorni. Una volta chiusa la questione scioperi, si dovrà necessariamente tornare a parlare di elettrico e di quanto sarà effettivamente cruciale per il futuro del comparto.
Ai produttori che controllano una parte considerevole di questo mercato, gli EV piacciono molto: offrono margini relativamente lati, a fronte di un impiego di personale – lo stesso personale che ha scioperato ormai per più di un mese a Detroit e altrove – ridotto.
Chi è però indietro nello sviluppo di EV, sembra non avere intenzione di seguire il filone, o quantomeno di spingere la narrativa che almeno a livello politico lo ha reso il filone più popolare del comparto automotive.
Volkswagen ne ha ridotto la produzione, Ford ha sospeso un piano di investimenti da 12 miliardi, altre aziende cominciano a parlare di forte rallentamento del mercato, dovuto al fatto che sembrerebbero essere in pochi a voler spendere cifre definite esorbitanti per l’acquisto di questi veicoli.
Non è chiaro quanto ci sia di vero – i dati dicono qualcosa di diverso, almeno negli USA – e non è chiaro quanto sia in realtà un programma politico sotto forma di analisi di mercato. Quel che è certo è che lungo il binario dell’eventuale passaggio da motore termico a elettrico si giocherà una parte del futuro del settore automotive. Un futuro dove la politica – e in particolare i denari messi sul tavolo – continueranno a fare la differenza, per quanto la cosa non piaccia all’UE.